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08/02/14

BENEVENTO – LA RECENSIONE_ Enrico Bonavera racconta “I segreti di Arlecchino” e della commedia dell'arte ad “Obiettivo T”


Enrico Bonavera in ...azione


di Maria Ricca
Più che uno spettacolo teatrale, una “masterclass”, quella che Enrico Bonavera ha regalato al folto pubblico di una tiepida ed umida serata di febbraio, al Mulino Pacifico.
La Solot di Benevento ha accolto nella sua “Obiettivo T”, la rassegna teatrale promossa dalla Compagnia Stabile, la sapienza artistica di colui che fu allievo di bottega di Ferruccio Soleri, l' “Arlecchino” di Strehler ed oggi è il massimo interprete del genere della Commedia dell'arte, che ha portato in tutto il mondo.
Enrico Bonavera illustra "I segreti di Arlecchino"
“I segreti di Arlecchino” Enrico Bonavera li ha rivelati anche al pubblico beneventano in un recital, attraverso il quale ha ripercorso l'evoluzione della storia dell'arte, con i personaggi caratteristici delle messinscene tipiche di quel genere.
Il baule dell'attore
L'abilità di Bonavera nella gestualità e nella mimica facciale hanno consentito all'attore di restituire integro il ritratto vivace di un'epoca passata, ma ricca di umori fra i più disparati, resi con interpretazioni non “macchiettistiche”, ma ironiche.
“E' scomparsa la “commedia dell'arte”, come la si intendeva un tempo – ci hadichiarato Bonavera, in una breve intervista prima dello spettacolo – ma si è “infilata” in mille modi e in mille rivoli, animando le gag comiche di film e telefilm di oggi.
Certo il teatro è ben altra cosa, e quando lo spirito artistico è vivace, bastano una seggiola ed un baule a fare da arredo scenico, non serve altro.”
Cosa può insegnare ai giovani un genere ormai antico? “Sicuramente tanto – ha chiuso Bonavera, docente al DAMS e nel 2009 a Benevento, ad “Universo Teatro”, per uno stage - anzi sarebbe bello se si prendesse l'abitudine a venirvi con la famiglia per la sua funzione didattica e per crescere tutti insieme attraverso la qualità.”
Quella che gli ha consentito di vincere l' “Arlecchino d'Oro” a Mantova, come accadde a Marcel Marceau, a Dario Fo e, naturalmente, al suo “mentore” Ferruccio Soleri.