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02/02/15

BENEVENTO - "Rosa Nurzia" premiata dal pubblico a "Sciapò", per il primo appuntamento con la rassegna di Teatro a Cappello, nello spazio del Magnifico Visbaal


Primo bilancio positivo per "Magnifico Teatro". Il direttore artistico Peppe Fonzo: "Atmosfera da "cantina teatrale", con rinnovata attenzione per il genere, in uno scambio utile ed appassionato, fra pubblico ed attori"


di Maria Ricca

Buio.  E’ sola, lei, sulla scena. Sola con i suoi ricordi, rischiarati appena da lumini. La foto di famiglia in un angolo, la finestra aperta, una sedia. Ma soprattutto i suoi pensieri, le sue riflessioni, la voglia di negare fino all’ultimo quello che sta accadendo: la conclusione di un’esistenza, quella della sorella Alma, la morte di un pezzo importante della sua vita, della sua realtà. Inutile ribellarsi, allontanando chi viene a porgere le proprie condoglianze ed è considerato solo un intruso, rispetto alla quotidianità della vita di sempre. Ma l’inevitabile non si può non accettare. E arriva il racconto della disillusione, dell’accoglimento infelice degli ultimi momenti, della realtà della fine.
E’ stata  “Rosa Nurzia (pena de l’Alma)”, la pièce messa  in scena dalla Compagnia Esposti, per la rassegna “Sciapò”, di “teatro a cappello”, appuntamento beneventano (nello spazio del Magnifico Visbaal di via Ponticelli, diretto dall’attore e regista Peppe Fonzo)  con l’iniziativa che mira a dare visibilità alle compagnie giovani e sperimentali  e che consente agli spettatori il doppio ruolo di fruitori e giudici, giacché il biglietto non si paga prima, bensì dopo, all’uscita e a cappello, a “Sciapò”, appunto, lasciando nel cilindro posto sul palcoscenico il corrispettivo del pagamento di un  tagliando d’ingresso,  a discrezione del pubblico.  Domenico Santo, direttore artistico della manifestazione, ne ha illustrato in apertura finalità e contenuti, ricordando come l’iniziativa sia nata al Teatro Civico 14 di Caserta e poi si sia nutrita ed arricchita grazie all’incontro con  la romana Laura Belloni. Una formula tipica della Commedia dell’Arte, quella del “teatro a cappello” che ha, fra l’altro, anche  avvicinato
molti giovani spettatori, da sempre fruitori di cinema, anche a questo genere, sempre che gli spettacoli siano belli, forti ed interessanti.
Come “Rosa Nurzia”, appunto. Storia di una donna anziana, una che non avrebbe diritto di cittadinanza, probabilmente, in alcune delle messinscene odierne, sia teatrali che televisive, per la sua non adesione alla “contemporaneità”, intesa come modernità glamour, ma che, proprio per questo, è più vera e visibile fra di noi. Un personaggio che ha finalmente qualcosa da raccontare, che si aggrappa forte al proprio passato, che le sfugge fra le mani e che lei non vuole abbandonare, fino alla fine.
Fra suggestioni e memorie personali, frequentazioni letterarie e fatti di cronaca, Ciro Esposito, attore ed autore della drammaturgia, riesce nella sua sfida più grande, quella di far entrare in un corpo da uomo, l’intensità e la potenza di un personaggio al femminile. 
Con un linguaggio potente, che non è il napoletano contemporaneo, “imbastardito” da moderne influenze, ma nemmeno quello antico, e che molto somiglia per intensità e capacità di emozionare a quello parlato delle figure immortalate da Annibale Ruccello ed Enzo Moscato, ai margini della società, nella cui sofferenza, però, tutti si possono riconoscere . La nuova drammaturgia napoletana entra quindi, fra le suggestioni dell’autore, disegnando le caratteristiche principali, sia fisiche che psicologiche di “Rosa”, nata alcuni anni fa come personaggio marginale di un’altra pièce, dov’era solo una sagoma in controluce, e poi qui diventata protagonista di una vicenda a tutto tondo. Lei, che piange Alma, la sorella morta, solo alla fine, ricordandone da viva la complicità, l’unione e i piccoli dissidi, che da lei la dividevano, porta in scena una “pena dell’Alma” estremamente condivisibile che incanta il pubblico per 55 minuti di fila.
Un registro affabulatorio ed istintivo, quello di Ciro Esposito,  a cui dà forma e dimensione la regia di Valentina Carbonara, formatasi all’Accademia: “L’ho frequentata giovanissima – dice -  poi sono andata a smontare quel tipo di formazione con laboratori di natura e derivazioni diverse, anche se alla base di tutto resta il lavoro sulla parola. L’importante è bilanciare istinto e tecnica.”
Infine le parole di Peppe Fonzo, direttore artistico del Magnifico Visbaal,  che accoglie nello spazio di via Ponticelli  anche gli appuntamenti di “Sciapò”: “Entra di diritto nella nostra produzione il proporre genere di teatro come questo, in un circuito che potremmo definire “off”, fuori dal giro solito, in un’atmosfera di cantina teatrale, come era negli anni ’70, con amore, voglia e passione,  madre e motrice del nostro impegno.  La formula del teatro “a cappello” diventa il riconoscimento alle professionalità e alle sensazioni che attori ed attrici sono stati in grado di trasmettere.”
Il prossimo appuntamento con “Sciapò” è in programma per  sabato 7 marzo,  con “Tentata Memoria”, della Compagnia Laieta & Ammendola , mentre continua la proposta del “Magnifico Teatro”, già sabato prossimo, con  lo spettacolo “Senza Niente 4. Il regista”, della Compagnia Teatro Magro, con Flavio Cortellazzi, quasi a metà programmazione del cartellone: “Un’iniziativa che sta andando bene, oltre le aspettative, a cui il pubblico partecipa, creando una vera e propria comunità, che si rianima con calore e scambi dopo ciascun spettacolo, data la possibilità, offerta dal nostro spazio, di scambiarsi emozioni e sensazioni con gli attori stessi, rivolgendo loro domande, senza interromperne la sacralità, naturalmente, ma aumentandone il senso di condivisione.”