Primo bilancio positivo per "Magnifico Teatro". Il direttore artistico Peppe Fonzo: "Atmosfera da "cantina teatrale", con rinnovata attenzione per il genere, in uno scambio utile ed appassionato, fra pubblico ed attori"
di Maria Ricca
Buio. E’ sola, lei,
sulla scena. Sola con i suoi ricordi, rischiarati appena da lumini. La foto di
famiglia in un angolo, la finestra aperta, una sedia. Ma soprattutto i suoi
pensieri, le sue riflessioni, la voglia di negare fino all’ultimo quello che
sta accadendo: la conclusione di un’esistenza, quella della sorella Alma, la
morte di un pezzo importante della sua vita, della sua realtà. Inutile
ribellarsi, allontanando chi viene a porgere le proprie condoglianze ed è considerato
solo un intruso, rispetto alla quotidianità della vita di sempre. Ma l’inevitabile
non si può non accettare. E arriva il racconto della disillusione, dell’accoglimento
infelice degli ultimi momenti, della realtà della fine.
E’ stata “Rosa Nurzia
(pena de l’Alma)”, la pièce messa in
scena dalla Compagnia Esposti, per la rassegna “Sciapò”, di “teatro a cappello”,
appuntamento beneventano (nello spazio del Magnifico Visbaal di via Ponticelli,
diretto dall’attore e regista Peppe Fonzo) con l’iniziativa che mira a dare visibilità
alle compagnie giovani e sperimentali e
che consente agli spettatori il doppio ruolo di fruitori e giudici, giacché il
biglietto non si paga prima, bensì dopo, all’uscita e a cappello, a “Sciapò”,
appunto, lasciando nel cilindro posto sul palcoscenico il corrispettivo del
pagamento di un tagliando d’ingresso, a discrezione del pubblico. Domenico Santo, direttore artistico della
manifestazione, ne ha illustrato in apertura finalità e contenuti, ricordando
come l’iniziativa sia nata al Teatro Civico 14 di Caserta e poi si sia nutrita
ed arricchita grazie all’incontro con la
romana Laura Belloni. Una formula tipica della Commedia dell’Arte, quella del “teatro
a cappello” che ha, fra l’altro, anche avvicinato
molti giovani spettatori, da sempre
fruitori di cinema, anche a questo genere, sempre che gli spettacoli siano
belli, forti ed interessanti.
Come “Rosa Nurzia”, appunto. Storia di una donna anziana,
una che non avrebbe diritto di cittadinanza, probabilmente, in alcune delle
messinscene odierne, sia teatrali che televisive, per la sua non adesione alla “contemporaneità”,
intesa come modernità glamour, ma che, proprio per questo, è più vera e
visibile fra di noi. Un personaggio che ha finalmente qualcosa da raccontare,
che si aggrappa forte al proprio passato, che le sfugge fra le mani e che lei
non vuole abbandonare, fino alla fine.
Fra suggestioni e memorie personali, frequentazioni
letterarie e fatti di cronaca, Ciro Esposito, attore ed autore della
drammaturgia, riesce nella sua sfida più grande, quella di far entrare in un
corpo da uomo, l’intensità e la potenza di un personaggio al femminile.
Con un linguaggio potente, che non è il
napoletano contemporaneo, “imbastardito” da moderne influenze, ma nemmeno
quello antico, e che molto somiglia per intensità e capacità di emozionare a
quello parlato delle figure immortalate da Annibale Ruccello ed Enzo Moscato,
ai margini della società, nella cui sofferenza, però, tutti si possono
riconoscere . La nuova drammaturgia napoletana entra quindi, fra le suggestioni
dell’autore, disegnando le caratteristiche principali, sia fisiche che
psicologiche di “Rosa”, nata alcuni anni fa come personaggio marginale di un’altra
pièce, dov’era solo una sagoma in controluce, e poi qui diventata protagonista
di una vicenda a tutto tondo. Lei, che piange Alma, la sorella morta, solo alla
fine, ricordandone da viva la complicità, l’unione e i piccoli dissidi, che da
lei la dividevano, porta in scena una “pena dell’Alma” estremamente
condivisibile che incanta il pubblico per 55 minuti di fila.
Un registro affabulatorio ed istintivo, quello di Ciro
Esposito, a cui dà forma e dimensione la
regia di Valentina Carbonara, formatasi all’Accademia: “L’ho frequentata
giovanissima – dice - poi sono andata a
smontare quel tipo di formazione con laboratori di natura e derivazioni diverse,
anche se alla base di tutto resta il lavoro sulla parola. L’importante è
bilanciare istinto e tecnica.”
Infine le parole di Peppe Fonzo, direttore artistico del
Magnifico Visbaal, che accoglie nello
spazio di via Ponticelli anche gli
appuntamenti di “Sciapò”: “Entra di diritto nella nostra produzione il proporre
genere di teatro come questo, in un circuito che potremmo definire “off”, fuori
dal giro solito, in un’atmosfera di cantina teatrale, come era negli anni ’70,
con amore, voglia e passione, madre e motrice
del nostro impegno. La formula del
teatro “a cappello” diventa il riconoscimento alle professionalità e alle
sensazioni che attori ed attrici sono stati in grado di trasmettere.”
Il prossimo appuntamento con “Sciapò” è in programma
per sabato 7 marzo, con “Tentata Memoria”, della Compagnia Laieta
& Ammendola , mentre continua la proposta del “Magnifico Teatro”, già
sabato prossimo, con lo spettacolo “Senza
Niente 4. Il regista”, della Compagnia Teatro Magro, con Flavio Cortellazzi, quasi
a metà programmazione del cartellone: “Un’iniziativa che sta andando bene,
oltre le aspettative, a cui il pubblico partecipa, creando una vera e propria
comunità, che si rianima con calore e scambi dopo ciascun spettacolo, data la
possibilità, offerta dal nostro spazio, di scambiarsi emozioni e sensazioni con
gli attori stessi, rivolgendo loro domande, senza interromperne la sacralità,
naturalmente, ma aumentandone il senso di condivisione.”