PARLIAMO DI...


29/04/16

L'INTERVISTA - Antonio Iavazzo racconta "Dell'Amore e dei Segreti", in scena all'Elicantropo di Napoli

di Maria Ricca

Antonio Iavazzo
Torna in teatro, all'Elicantropo di Napoli,  il regista e drammaturgo Antonio Iavazzo, per dirigere" Dell'Amore e dei Segreti", una produzione dell'Associazione Culturale "Il colibrì", di Sant’Arpino (CE), in collaborazione con Associazione Itinerarte di Portici (NA). L'allestimento è  liberamente ispirato a "La Scuola dei Buffoni e alla drammaturgia"di Michel De Ghelderode. 
La prima nazionale dell'opera va in scena, dal 5 all'8 maggio.
Ne parliamo con l'Autore, attore, regista, didatta e formatore in Discipline Teatrali e dello Spettacolo ed in Tecniche di Creatività. Egli stesso ha studiato presso l'Accademia Drammatica del Teatro Bellini di  Napoli ed ha approfondito il Metodo Stanislavskij e le tecniche attoriali dei grandi maestri del Teatro Antropologico e di Sperimentazione.
- Un tipo di spettacolo, “Dell’Amore e dei Segreti”, piuttosto lontano dalle tue esperienze artistiche  precedenti, come nato da una nuova consapevolezza…

In realtà la cosiddetta “ricerca, la sperimentazione” (finchè non troveremo altri idiomi per sostituire questa arcaiche definizioni) è stata sempre il mio campo di indagine. Le deviazioni leggere, diciamo così, sono le eccezioni. Il fatto è che amo non far stagnare le idee. Esse sono valide o meno, a prescindere dai generi. Se ci sono principi ispirati al rigore, alla professionalità, allo studio, alla continua tensione verso la bellezza, allora tutte le distinzioni scompaiono e resta il sedimento di un lavoro fatto di applicazione e approfondimento.
-Da dove nasce la tua passione per Michael De Ghelderode, drammaturgo degli estremi?
De Ghelderode è stato uno straordinario drammaturgo, poeta, visionario. Un autore, purtroppo, o per fortuna, conosciuto veramente da pochi. La sua profonda essenza di ricercatore sfugge ad ogni classificazione. Egli usa gli estremi per rimandarci ad una condizione di “bassa umanità” in quanto il suo scopo è quello di spingerci al divino. Di De Ghelderode, in passato, ho già messo in scena il suo affascinante “Escurial”, da me completamente rivisitato. Era ritenuto un alchimista. E per me lo era davvero. Perché quello che ci ha donato possiede tutti i crismi di un trascendenza, che supera ogni immanenza e ci invita, con l’attraversamento degli istinti inferiori, a considerare la nostra appartenenza al genere di Dio.
 - Se ne deduce una visione pessimistica della vita e degli uomini?
Sì, io sono pessimista. Ma su dati realistici. E questo pessimismo lo abito con le armi di un grottesco e di un surreale spinti ed estremi. Amo disorientare. Dove non ci si incontra più non resta altro che affidarsi che alle cosiddette “dissonanze cognitive”. Si spera nello scossone. In un trasalimento. Ma è una speranza, ben sapendo che quando lo spettatore, ma direi il cittadino, quando è in teatro, o quando vive in genere, si trova in una condizione di un addormentamento costante. In genere va a vedere uno spettacolo teatrale senza avere la minima idea di quali siano i meccanismi, la poetica, le regole che sottendono uno specifico lavoro. E questo, in condizioni “virginali” sarebbe anche un bene. Ciò che invece determina lo scoraggiamento, è che questo ipotetico fruitore, in realtà, virginale lo è sempre di meno in quanto si porta, nella lettura di ciò che accade in scena, le sue pigrizie quotidiane, l’incapacità di essere veramente in ascolto, l’impossibilità di permettersi altro da ciò che propongono Tv o altri media. Genericamente vuole “divertirsi”. Magari non cogliendo affatto l’idea di una divergenza che rimandi a lui la responsabilità di un soggetto attivo. 
- Quali attinenze con l’attualità? Chi sono Buffoni, Re e Dame?
E’ purtroppo tutto tragicamente attuale. Un senso diffuso di colpe e responsabilità che non trovano mittenti se non in una banale generalizzazione e mistificazione. Nell’opera, alla fine, si rivela che chi era apparso viscido e crudele magari ha meno colpe di chi, sempre in apparenza, era immacolato e puro. E, sempre nella forma del grottesco e della commedia, ci sono riferimenti alla nostra civiltà in declino. Una lotta per il potere, la denuncia che si fa essa stessa macabra e meschina per come la si vuole attuare. Un gioco al tutti contro tutti che sembra il manifesto di un certo modo di vivere, di comunicare e di pensare oggi. Ma alla fine, proprio alla fine, nell’attraversamento alchemico ed esoterico che propone questo viaggio, il “vile” metallo si muterà in oro. La nobile preghiera di un Folial (Follia) completamente trasfigurato dalla sua “passione” che con il suo ultimo atto, vero, tragico, commovente e sacro, sarà capace di abbattere ogni forma di oltraggio all’umanità.  
 - Dove va ricercata la verità, dunque?
C’è un passaggio in questo spettacolo in cui il Folial (il capo di questa banda di buffoni e deformi), rivolgendosi a Galgut (il suo principale discepolo) e accusando lui ma per esteso tutti coloro che vivono nel giogo degli inganni, afferma: “Ti trafiggerò da parte a parte, e ti sgonfierai esalando i cattivi pensieri e le tue pestilenze... Sarà sinistra, la notte che si avvicina. Sai…Anch'io ho fretta di farla finita stasera!! Finalmente di smetterla con la follia degna del mio nome di credere che un uomo possa insegnare ad altri uomini!”
- Il teatro come veicolo di proposizione di idee del drammaturgo o pieno strumento didattico, anche per lanciare eventuali messaggi?
Riallacciandomi a quanto appena detto, per me la verità, come si afferma in un altro passaggio, non va e non può essere insegnata né trasmessa. La verità deve sedurre. Ma con tutto se stessi. Con il valore di una testimonianza fatta di sangue, ossa e budella. Nella tensione continua, ininterrotta, di una ricerca che miri all’ integrazione e alla Consapevolezza. La vera rivoluzione è solo personale. Se questa poi è capace di sedurre (ripeto, con tutto se stessi) allora può diventare un sentiero di stelle verso l’Uno che ci governa.
- Percorrerai ancora sentieri di questo tipo, dal punto di vista artistico? Dove va il tuo percorso di ricerca?
Da tempo percorro strade anarchiche. Con un rigore e uno studio che fanno male prima a me. Ma è inevitabile. Mi muovo a “sbalzi”. Non ho padroni né voglio averne. Il valore dell’autonomia mi immunizza da ogni tentazione. La mia ricerca sarà, inevitabilmente, orientata sempre di più verso strade artistiche e poetiche che indagheranno sul senso ultimo della vita. Ma questo potrà accadere con una tragedia, o come più spesso mi capita, mediante il grottesco, oppure, citando ancora una volta una battuta di un buffone, con una “loffa puzzolente”.
In scena andranno Carmine LOSANNO (Folial) / Danilo DEL PRETE (Galgut) / Giovanni ARCIPRETE (1^ Buffone) / Raffaele IAVAZZO (2^ Buffone) / Federica TORNINCASA (3^ BuffoneVeneranda) / Marcella MARTUSCIELLO (Piccola VenerandaDanzatrice)
MOVIMENTI COREOGRAFICI: Francesca GAMMELLA / DIRETTORE DELLA FOTOGRAFIA: Vittorio ERRICO / COSTUMI (Consulenza): Maria PENNACCHIO / ASSISTENTE ALLA REGIA: Cecilia ARZANO  / ASSISTENTI DI SCENA: Rosita DE CRISTOFARO – Benedetta MARRA  / ASSISTENTE DI PRODUZIONE: Maddalena CARAPELLA / SERVICE MAKE UP: Francesca PISANO  / RESPONSABILE PROMOZIONE: Mario PANELLI