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06/05/16

LA RECENSIONE - “Dell’Amore e dei Segreti”: l’eterna lotta per il potere, fra l’emozione del grottesco ed il gusto del paradosso

di Maria Ricca

Nel buio pieno di suggestioni del ventre accogliente del Teatro Elicantropo di Napoli si muovono immagini grottesche e simboliche, ad indicare l’eterna lotta fra la mediocrità e l’arrivismo delle “mezze figure”e la forza del leader, che vince ogni tradimento e risorge dalle proprie ceneri,  tentando  la riaffermazione di se stesso e dei propri valori.
“Dell’Amore e dei Segreti”, liberamente ispirato a “La Scuola dei Buffoni”, di Michel De Ghelderolde, va  in scena  in questo fine settimana, nel Teatro di vico dei Gerolomini, in prima nazionale, per la rassegna festival di “Teatro Politico - Sensibili al Potere 2015/2016”.  Autore dell’appassionata e coinvolgente drammaturgia è il regista ed interprete Antonio Iavazzo.  
Una parabola di amore, morte e voglia di riscatto, raccontata dall’intensa espressività degli attori, perfetti nella sincronia dei movimenti e dei ritmi incalzanti, in scene d’insieme ben congegnate ed efficacemente costruite. Aprono i tre buffoni (Giovanni Arciprete, Raffaele Iavazzo, Federica Tornincasa), che danno fondo a tutte le proprie risorse, in mille travestimenti ed atteggiamenti senza freno, per accattivarsi le simpatie del  Maestro Folial, un drammatico ed intenso Carmine Losanno, custode del “segreto”, per eccellenza.
Bramano di conoscerlo per impadronirsi del potere, in una notte intera di messinscena, rievocando, per straziarlo nell’anima, la tristissima sorte della figlia Veneranda, sposa infelice, mai sottomessa, e per questo destinata a soccombere. Li guida l’astuto “ciambellano” Galgut, cui dà vita con sapienza scenica e vitalità sanguigna, Danilo Del Prete, in un allestimento profondamente valorizzato anche dai movimenti coreografici realizzati dalla danzatrice Marcella Martusciello.  
Una pièce di potente intensità, in un’atmosfera resa complice dai giochi di luce, dal ritmo incalzante delle musiche, davvero egregiamente scelte e  molto funzionali, con la ricchezza dei costumi, allo snodarsi dell’azione, volutamente caratterizzata  da istrioniche “acrobazie” degli attori e dal gusto del paradosso.
Tutto rivela  un’attenta cura dei particolari e la voglia di comunicare, attraverso una drammaturgia nutrita di citazioni e di colte contaminazioni,  l’essenza vera della vita, che è poi la rivelazione finale: andare avanti si deve, si può, oltre ogni ostacolo, ogni limite, ogni tristezza, superando le proprie angosce.