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13/07/16

L'INTERVISTA - Roberto Azzurro e la "Cultura Pop": si può fare teatro di qualità, senza annoiare

L'attore e regista, in scena a Napoli con "Uber Mozart", interviene su  "Bn Città Spettacolo"

di Maria Ricca

Roberto Azzurro è  attore, regista ed autore teatrale, impegnato fortemente nella drammaturgia contemporanea. Ha lavorato con Casagrande, Carotenuto, Nello Mascia, Piera Degli Esposti, Antonio Calenda, con cui ha collaborato per sette anni da aiuto regista, assistendolo nella direzione di attori quali Anna Proclemer, Giorgio Albertazzi, Roberto Herlitzka, Gabriele Ferzetti.  ha messo in scena, oltre ai suoi testi, autori quali Bassetti, Suskind, Bavastro e soprattutto Manlio Santanelli. Ha vinto numerosi premi di livello nazionale. 
E' in scena, stasera a Napoli, "Orto Botanico", con "Uber Mozart", "I Dieci Movimenti del tragico Amadè". 
Vive da un anno a Benevento, che ama e alle cui sorti culturali è profondamente interessato, data la propria esperienza artistica e la sua professionalità. 
- "Uber Mozart" è l'ennesimo ritratto significativo di una personalità complessa e affascinante. Alcuni anni fa avevi affrontato la figura di Oscar Wilde. Poi altri personaggi, tutti estremamente diversi. C'è un filo conduttore fra loro? Cosa ti affascina di queste figure?
"Dunque, la tentazione e poi lo slancio e poi la realizzazione di interpretare personaggi realmente esistiti, innanzitutto, e poi come tu dici dalle personalità affascinanti – e fra questi inserirei anche Boniface de Castellane, il più famoso dandy della Belle Epoque, l’uomo più elegante d’Europa , detto le roi de Paris, e poi anche Adolf Hitler e poi Pasolini – nasce dal tentativo di realizzare una sorta di sconfitta della morte che solo il teatro può osare e realizzare. Per il tempo della rappresentazione si riesce a ridare vita a una persona realmente esistita e purtroppo realmente morta. Quando interpretai Wilde a Castel Capuano, il tribunale di Napoli, una signora in camerino mi disse “grazie di averci dato l’illusione di averlo conosciuto per un’ora”. Ecco, il teatro in quell’ora fece tornare in vita Oscar Wilde. E io da tempo appunto mi cimento con questa sorta di temporanea resurrezione d’arte. Ovviamente concedendomi anche un lavoro di fantasia, senza restare per forza dell’ordine della costruzione filologica, come accadrà appunto con "Ubermozart". Il mio Mozart sarà un bambino disperato, forse. Un uomo infelice, vittima del suo essere speciale. Ho anche interpretato Edoard II, dal dramma di Marlowe, che comunque è stato un re davvero esistito. Il filo conduttore credo sia da ricercarsi e ritrovarsi nell’esasperazione meravigliosa delle vite di questi personaggi. E per un attore concedersi di essere per un’ora un personaggio così straordinario è una suggestione impagabile, rispetto alla ordinarietà delle nostre vite, ecco. E infine molti di questi personaggi sono morti senza mai abdicare a quello che erano, fino in fondo, fino alla follia più totale, fino all’abrasione di tutte le pelli possibili per una autenticità a tutti i costi. E sempre."
Cosa accomuna il Roberto Azzurro delle invettive ("Unalampa") a quello delle produzioni su figure significative come quella di Mozart, ecc, fino alla drammaticità di "FujeFilumena" del regista Peppe Fonzo, rappresentato quest'inverno al "Magnifico Teatro", a Benevento?
"Mah. Io, pur avendo diciamo così un ego ingombrante, una personalità connotatissima, pare, però come è giusto, faccio sempre in modo di mettermi un passo dietro il personaggio, per guidarlo, gestirlo, posizionarlo nei momenti più interessanti appunto del suo percorso. E dunque la maniera di fare la propria autobiografia attraverso il teatro e attraverso i tanti personaggi interpretati è sempre un’esperienza suggestiva. Con vicende più dichiaratamente autobiografiche, come "Unalampa", è molto suggestivo e rischioso, giacché ci si espone in prima persona. Mentre, interpretando dei personaggi, ci si cela un po’, o almeno ci si prova, e dunque si ha la possibilità di essere per il tempo della rappresentazione qualcuno che di certo è più interessante di te, come tutti i personaggi del teatro, ovviamente. Come è stata questa "Filumena" che ho adorato interpretare. Per la prima volta un personaggio con quel tipo di connotazione, un travestito, così picassianamente sfaccettato, che, facendo riferimento a un personaggio/mito del teatro, beneficiava appunto anche di un vissuto tremendamente teatrale, a cui Peppe Fonzo, autore e regista, ha dato poi una umanità meravigliosa e terribile allo stesso tempo. Peccato non abbia voluto più dargli vita. Quando si ha la fortuna di realizzare uno spettacolo bello e di successo bisognerebbe non farlo mai morire, giacché non sempre accade – non è così facile – realizzare spettacoli belli e di successo. Comunque credo che in generale io adori interpretare tutti quelli che nemmeno davanti alla morte hanno mai avuto cedimenti esistenziali. Disperati ma vivi. Sempre."
- Cosa ne pensi del dibattito sviluppatosi su Città Spettacolo, il Festival di teatro di Benevento, che tu frequenti ed ami: meglio teatro di ricerca o un cartellone nazional-popolare, che non prescinda da quello, ma che sappia incontrare i gusti di tutti, oltre che quello degli appassionati?
 "È che bisognerebbe stabilire finalmente che non tutto ciò che è popolare, di massa, o magari anche dozzinale, è “cultura pop”. La Cultura Pop, come ci insegnano i grandi artisti inglesi che l’hanno davvero frequentata, non è tutto ciò che è popolare, insomma, ripeto, di massa, altrimenti fra un po’ ci ritroveremo a considerare anche alcuni esponenti della debacle della cultura, che sono invece personaggi amati dalla massa, come cultura pop. Una cosa è il pop altra – totalmente altra cosa – è la Cultura Pop. Credo che esista davvero e un po’ dovunque, un teatro che sia di grande comunicazione senza essere pesante, noioso, accademico, solenne e sontuoso e appunto distante dalla comunicazione. A esempio il mio “Oscar Wilde, il processo” è uno spettacolo di grande impatto emotivo e comunicativo, che hanno visto spettatori di tutti i tipi, perfino i giovani di alcune scuole. E – se posso permettermi di dirlo – è davvero un dispiacere per me, il fatto che io, che vivo a Benevento da un anno, non sia stato interpellato, in quanto artista con requisiti fortemente nazionali, e per tutto il percorso che ho fatto con i più grandi artisti italiani con cui ho lavorato e che ho spesso diretto (uno per tutti Piera Degli Esposti), per appunto portare in scena il mio Wilde o qualche altro mio progetto per questo nuovo corso di “Città Spettacolo”, a cui adorerei partecipare. Io amo fortemente Benevento, e sono venuto a viverci perché adoro il Sannio. E mi piacerebbe dare il mio apporto alla cultura e all’arte che nasce adesso qui."