PARLIAMO DI...


29/08/16

TEATRO - Roberto Azzurro "riporta" Oscar Wilde a Parigi, a centodieci anni dalla sua morte nel capoluogo francese

L'attore e regista partenopeo, di casa a Benevento, a settembre andrà in scena in Toscana e poi nella capitale d'Oltralpe

di Maria Ricca

Ancora un successo per Roberto Azzurro, attore, autore, regista partenopeo, beneventano d’adozione, da quando ha scelto di aver dimora anche nel capoluogo sannita.
Approda, infatti, prima in Toscana, a Forte dei Marmi, il 10 settembre, alla Villa Bertelli e poi a Parigi, al Thèȃtre du Gouvernail, il suo apprezzatissimo allestimento “Oscar Wilde, il processo”, di cui è protagonista principale.
Al suo fianco Pietro Pignatelli nella parte dell’avvocato  Edward Carson e Rebecca Lou Guerra, al pianoforte.  Il primo debutto per lo spettacolo fu a Napoli. Poi vi sono state messinscene a Roma,  Avellino, Salerno, in palazzi storici, cortili antichi e suggestivi e poi finalmente in una vera Aula Giudiziaria a Napoli.
Azzurro e Pignatelli ripercorrono i momenti salienti di un interrogatorio, in cui Wilde è costretto a dar conto, com’è noto, dei propri gusti e preferenze in ambito amoroso e sessuale, per l’epoca inaccettabili,  e lo fa di volta in volta negando, mentendo, scherzandoci sopra. In questo folle, ma reale dialogo si intrecciano le note di Chopin eseguite da Rebecca Lou Guerra,  terza voce di questo acrobatico “battibecco”, come fosse una voce dell’anima dei personaggi e dello spettatore contemporaneamente. E diventa quasi un miracolo poter assistere al genio dell’umorismo del poeta inglese, nelle vere risposte date al suo inquisitore, nell’espressione massima della grande ironia di un “gigante” della letteratura mondiale, di cui il 30 novembre 2016 ricorreranno i 110 anni dalla morte.
-     Quando è avvenuto il tuo primo incontro con Oscar Wilde?
“Ero in libreria, dove appunto era stato da poco messo in circolazione il libro a cura di Paolo Orlandelli e Paolo Iorio (ediz. UbuLibri), che riportava fedelmente gli originali atti processuali che videro protagonista il grande scrittore britannico. Non ho avuto un attimo di dubbio: prima o poi dovevo metterli in scena. Nessuno scrittore riuscirebbe mai a scrivere un processo del genere, solo la vita è in grado di superare qualsiasi immaginazione, anche la più sfrenata. E più sfrenato di Oscar Wilde non riesco a immaginare nessuno. Non potevo credere che un uomo che rischiava così grosso potesse, sotto processo, riuscire ad avere una tale lucidità che gli permettesse di dire cose che nessuno sarebbe manco riuscito a pensare, in quella situazione. Era un vero genio, Oscar Wilde, e come lui stesso disse, fece della sua vita un’opera d’arte. Da quel giorno mi prese la ricerca febbrile di capire come fare. Certo, essendo un artista completamente indipendente, slegato da qualunque legame con produzioni ufficiali o Teatri Stabili o Festival vari, dovevo pensarci io. E dovevo partire dal basso.
Correva l’anno 2010, e decisi dunque di presentare un piccolo Reading al PinguinCafè di Napoli, locale di arti e culture, crocevia di artisti e progetti che trovavano spesso il loro start proprio grazie al suo fondatore Diego Nuzzo. Per cui, in una versione a tre personaggi prese il via un percorso che oggi mi porta finalmente addirittura a Parigi
-   
Un approdo non casuale…
“Parigi è la città in cui Oscar Wilde, dopo due anni di prigionia e lavori forzati, si ritirò stanco e malato e dove morì il 30 Novembre del 1900. Credo che l’umanità non avrà mai abbastanza tempo per pentirsi di aver mandato a morte uno degli uomini più straordinari che abbia messo piede sulla terra. Dunque il 29 Settembre 2016, anche se soltanto per un’ora, Oscar Wilde ritornerà a vivere proprio a Parigi, nella città che amò e in cui morì: sul suo letto, sorseggiando champagne, le sue ultime parole furono: “Sto morendo al disopra delle mie possibilità.”
-   
“Wilde” è un progetto ambizioso…
In tempi in cui accuse, tabù sociali e violenze non cedono ancora il passo ai valori “dell’accettazione, dell’inclusione e del rispetto reciproci”, l’ironia dissacrante e lo spirito caustico di Wilde rimarcano l’importanza della libertà e della salvaguardia dei diritti civili. Oscar Wilde fu protagonista di ben tre processi, che lo portarono alla rovina. Il primo di questi fu intentato da lui stesso ai danni del Marchese di Queensberry che, scoperta la relazione tra suo figlio Alfred e lo scrittore, l’aveva accusato di "posare a sodomita". A causa delle notizie sulla sua vita privata emerse in questo primo processo, Oscar Wilde verrà in seguito giudicato colpevole del reato di “sodomia” e di “gravi indecenze”, e condannato a due anni di lavori forzati. I verbali dei processi non vennero mai resi pubblici, perché ritenuti scabrosi e compromettenti. Solo nel 2000, l'eccezionale ritrovamento di un manoscritto presso la British Library ci consente oggi di rivivere parola per parola quell’interrogatorio in cui Wilde diede prova del suo famigerato acume.
        
-     Com’è costruito lo spettacolo ?
Abbiamo messo al bando qualsiasi tipo di effetto speciale (scenografie, costumi e tutto l’apparato tecnologico), “aiuti” che qualcuno ancora indugia a usare in palcoscenico: non c’è effetto speciale più efficace e necessario di un attore che entra in scena e ci racconta una storia interessante in modo suggestivo. E’ nell’interregno che c’è tra la parola emessa dall’attore e l’orecchio attento dello spettatore che “accade il teatro”, in nessun altro luogo e grazie a niente altro.
Ho immaginato, dunque, di mettere in piedi le parole. Mi spiego. Su un foglio – testo teatrale o altro – le parole sono orizzontali, recitarle significa metterle in verticale. In più, ovviamente: mostrare da quali pensieri e stati d’animo germogliano quelle parole. Insomma, raccontare una storia vuol dire trasformare quegli strani segni neri su fondo bianco in vita reale. Potenza del teatro, che si occupa del tentativo di replicare la vita, così come essa è: sempre.
Poi sono arrivate le crome e le biscrome di Rebecca Lou Guerra, che girovagando tra Metner e Chopin e vari altri compositori classici straordinari, diventa il contrappunto emotivo e appassionato che, come una voce dell’anima, contrappunta e sovrasta lo svolgersi di un dialogo processuale avvincente e divertente, dissacrante e terribile.