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16/04/18

TEATRO - "Dimentica il tuo nome": al Cilindro Nero le riflessioni di Angelo Sateriale su vita quotidiana ed ipotesi trascendenti

di Francesco D'Alessio

SAN GIORGIO DEL S. - E se un giorno dovessi dimenticare il tuo nome? E se un giorno dovessi annullare la tua identità per nascere a nuova vita? E se un giorno la tua coscienza dovrà fondersi con l'Infinito Celeste? Cosa faresti, se un giorno, con la tua esistenza ormai dilaniata dall'incapacità di adattarti alla quotidianità, schiavo dei pensieri deliranti, soggiogato da un'incrollabile fede di un culto senza nome, dovessi scegliere tra il restare dannato nel mondo terreno e l'abbandono alla Libertà Perpetua? Avresti il coraggio di scegliere chi sei nel Giorno del Giudizio? 
Tante riflessioni fioriscono con “Dimentica il tuo nome”, 3° appuntamento della 4° stagione teatrale “Cilindro Nero”, di Francesca R. Ciretti. Cugino (Angelo Sateriale) e Fratello (Alessandro Gorgoni) sono gli ultimi due irriducibili fedeli di un culto senza nome il quale venerano Padre Divino, che ha dato origine al tutto ed egli è Uno. E Uno sono i fedeli che si uniscono a Lui sottoponendosi al Rito. Quel Rito che li ha decimati tutti. Quel Rito in atto nel Giorno del Giudizio. Quel Rito che promette di concedere la Libertà Perpetua per abbandonarsi alla gaiezza dell'Infinito, per liberarsi dai fardelli struggenti dell'esistenza e fuggire finalmente da quella vita che non li ha mai saputi accogliere. Ma è davvero così? Per Fratello non vi è alcun dubbio ma Cugino è turbato e sembri voler temporeggiare l'atto finale della loro esistenza per velata viltà. I due hanno frequenti dialoghi, battibecchi, esasperazioni ma qualcosa non torna. Si considerano una famiglia ma prontamente vi sono smentite e, nel momento delle spiegazioni razionali, ecco che si ritorna al postulato di partenza annullando così la contraddizione come se il dialogo fosse solo frutto di un delirio incosciente. Fratello sembrerebbe essere il “dritto” e Cugino il “fesso” che parla tanto e a vanvera esasperando l'erudito e assennato compagno di setta il quale da sfogo ai suoi dissidi interiori che riesce a placare solo con il delirio di onnipotenza accusando l'altro di essere vile e peccatore e per questo va punito, umiliato, disonorato, abbattuto, ostracizzato al fine di conseguire la catarsi: questo è il requisito per presentarsi al cospetto divino.
E forse è proprio questo l'ingranaggio della setta: programmare la coscienza dell'adepto, il cui animo è dilaniato dai tormenti di una vita troppo dura e misera, facendo leva sulla paura, la sfiducia, sul senso di colpa impedendo qualunque forma di valorizzazione ma promettendo soltanto le gioie della Libertà Perpetua. Ma Cugino si ribella e accusa Fratello di averlo ferito e di essere la causa del suo male e quest'ultimo vede sgretolarsi la veste dell'onnipotente ritornando ad essere un fragile uomo perennemente tormentato. Adesso è lui a voler evitare l'ultimo atto della sua esistenza. Non vuole più sottoporsi al Rito. Vuole fuggire. Abbandonare tutto per creare la sua chiesa dichiarando di voler compiere un atto rivoluzionario professando gli stessi identici insegnamenti. Nel momento di massima gioia, Cugino consegna un bicchiere di aranciata a Fratello versando a sua insaputa l'ingrediente magico che permette lo svolgersi del Rito. Fratello, in prenda alle convulsioni, termina la sua esistenza. Cugino spiega in un monologo affascinante che ha deciso di somministrare il cianuro per porre fine alla vita falsa e meccanica del suo compagno che non ha assolutamente capito nulla dell'esistenza. Non si può vivere solo per seguire degli insegnamenti, strisciando a terra come vermi inutili ed inermi, senza volontà di vivere, senza mai prendere in mano le redini del proprio destino. No! Cugino non è mai stato un vile: era il dubbio che lo frenava. Quel dubbio che gli ha permesso di comprendere che la vita è ben altra cosa dal tormento e dal continuo fuggire ritenendo di non essere adatti per questo mondo. Fratello, il più intelligente, non è stato capace di coglierlo e nell'impossibilità di una comunicazione efficace, del tutto assente nonostante la mole di parole proferite dai due, per porre fine a quell'esistenza totalmente deviata, non vi è alcuna soluzione per Cugino che “forzare” lo svolgersi del Rito: una scelta saggia per uno stolto.