di Maria Ricca
BENEVENTO - “Chi non lotta per qualcosa, avrà comunque perso…”
Non
bisogna rinunciare a se stessi e alle
proprie idee: è il messaggio di Fiorella Mannoia. L’artista romana, salita sul palco di Benevento Città Spettacolo 2018,
alle 22,35, di una serata di fine estate, ha
offerto al pubblico di piazza Castello una delle sue performances più
intense.
“L’orgoglio di essere” , tema del Festival, si è incarnato perfettamente
nella sensibilità e nella grande umanità dell’interprete, che sul palco non si
è affatto risparmiata, attraversando il genere melodico in tutte le sue
sfumature e riproponendo convintamente le proprie suggestioni. Senza rinunciare ad esprimersi sui temi dell’attualità
dolente, chiedendo giustizia e chiedendosi se mai arriverà, ripensando a tutti
i Sud del mondo, all’umanità che l’attraversa, dominata e maltrattata, eppure
mai pronta alla resa.
E’ l’invito a lottare
per il diritto ad essere felici, che ritorna attraverso le canzoni più belle.
La Mannoia, profondamente carismatica, si è trasformata ogni volta in donna forte, madre sofferente, ma non disperata, attivista convinta, disincantata interprete del proprio tempo. Mai disposta ad arrendersi però, animando convintamente i testi che ha cantato, suoi
ed altrui, da “Penso a te” di Battisti e Mogol, interpretata in modo struggente, alla “Sally” di Vasco
Rossi.
E’ questo il “Combattente tour”, appunto.
Ma sono state, naturalmente, le canzoni più note ad emozionare il
pubblico, che appassionatamente ha cantato con lei “Caffè nero bollente”, “Come si
cambia”, “Le notti di maggio”, “Che sia benedetta” (ancora è cocente la delusione, per essersi
fatta “fregare da una scimmia”, nell'allusione all’effimera vittoria di Gabbani al
Festival di Sanremo 2017, in cui arrivò seconda) e, naturalmente, “Quello che
le donne non dicono”.
Fino alle note allegre e scanzonate del “Cielo di Irlanda”,
simbolo della mutevolezza dell’animo umano e della speranza di cambiamento,
sulle quali il pubblico si è alzato e ha ballato con lei, in una spontanea “standing
ovation”, meritatissima.