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16/03/19

TEATRO "La sentinella di Elsinore" e l'impotente struggersi nella battaglia della vita


di Maria Ricca

NAPOLI - Perdersi a contare le stelle, ad una ad una, per anestetizzare mente e cuore nella visione dell’infinito e provare ad addormentare il dolore della perdita di una compagna amatissima. Correre come una scheggia impazzita e come se non ci fosse un domani, per attribuire ad una dannata fatalità  la morte di un padre ammirato, guida sicura nel mare dell’esistenza. Troppo difficile accettare che vi sia una responsabilità propria o altrui in tutto questo. Meglio rifiutare il confronto con la realtà e urlare al mondo la propria disperazione, muovendosi come un amnimale ferito al di qua e al di là di una scenografia essenziale quanto complicata, sicuramente claustrofobica. Come i protagonisti de “La sentinella di Elsinore”, lo spettacolo in scena al Teatro dei 63 di Napoli ancora stasera alle 21 e  domani alle 18, produzione firmata Airots, con testo e regia di Giuliana Pisano, allestimento scenico di Salvatore D’Onofrio. In scena due diverse disperazioni. Quella più “lunare” di Bernardo, che sogna l’infinito e parla con i fantasmi, e quella più immediata e feroce di Amleto, privato del potere dall’infamia dello zio e dalla fragilità di una madre succube, ma incapace di credersi ingannato, quanto piuttosto sfortunato. 
Serve l’apparizione dello spettro del padre, come nell’originale shakespeariano, che chiede vendetta, lasciando intuire quanto accaduto e che non di fatalità si è trattato, ma di volontà criminale precisa, per spingere i due all’azione . E così il re defunto, interrogato da uno stralunato Bernardo sul destino dei suoi cari trapassati, parla attraverso le labbra del figlio, che prima lo sfugge, poi ne accoglie lo sfogo e le direttive. C’è da vendicarsi dello zio traditore, senza coinvolgere la debole madre, ma bisogna fare attenzione. Quello stesso popolo, pronto ad esaltarti, può voltarti in un attimo le spalle e i nemici possono avviare l’infame macchina del fango per negare la verità. C’è da decidere cosa fare, da che parte stare. “Se sia più nobile soffrire i colpi della vita o armarsi contro i torti subiti…” Meglio allora contemplare, come sceglie di fare la sentinella. Meglio fuggire, come preferisce Amleto. Combattere è troppo doloroso. E tutto, infine, si ricompone.
Reggono bene la scena Nicola Conforto, Ivan Iuliucci, Mariano Savarese, grazie ad un vigore fisico e recitativo, che si riflette nelle convincenti interpretazioni sanguigne, espresse senza risparmio di energie. Una rivisitazione dei temi shakespeariani, ben curata dall'autrice Giuliana Pisano, che lascia spazio a riflessioni moderne sull’amore, sull’ingiustizia, sul tradimento, sulla calunnia e sulle fragilità umane, confermando l’universalità senza tempo dei temi del Bardo, reinterpretati attraverso la più moderna drammaturgia.