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28/04/19

TEATRO - "Coletta Esposito, in arte Medea": il fascino universale perverso dell' "amour fou", da Euripide al ventre di Napoli

ph Marco D'Ambrosio - foto Facebook
di Maria Ricca

NAPOLI - Leroina tragica, che si macchia del più odioso dei crimini, è Medea. Una Medea che abita a porta Medina, però, nel ventre di Napoli. E che per questo, allasprezza delloriginale euripideo, unisce quella passionalità disperata, che è propria solo di certe anime lacerate, cresciute alla scuola della vita. Coletta Esposito, in arte Medeaè la lettura che dellimmortale testo greco, ripreso in chiave partenopea da Francesco Mastriani, dà la regista Laura Angiulli, nella pièce in scena fino al 5 maggio al San Ferdinando, Galleria Toledo, produzioni. Volto e voce della protagonista sono di Alessandra DElia. Cipriano è Pietro Pignatelli. Convincenti e seducenti nei rispettivi ruoli. 
Di nero vestita, Coletta è una figlia della Madonna,  un animale ferito che, a suo modo, cerca riscatto da una vita già spoglia ed infelice dalla sua origine. Abbandona un matrimonio combinato con un anziano benefattore, per inseguire disperatamente lunico uomo che può, nella perversione della sua ricerca damore, costituire il punto di riferimento che cerca.
Borghesuccio quasi benestante, Cipriano Barca ha il fascino delluomo sicuro di sé e agli occhi di Coletta-Medea è amore  a prima vista. Ne è affatturata e lo affattura. I due si allacciano in un tango appassionato, che è la chiave del loro rapporto perverso. Coletta si veste del rosso di un amour fou e si unisce a Cipriano in maniera tragica e malata, quanto intima e struggente. Nasce una figlia.
La scenografia di Rosario Squillace, che sospende in alto i mobili della casa tanto sognata da lei, per sé e l’”uomo suo, lascia cadere in terra, però,  solo il grande letto matrimoniale, simbolo di un rapporto unicamente carnale.
Vi resterà, infatti, sola Coletta. Lincantesimo si spezza e Cipriano le preferirà Teresina, unaCirce ben più astuta della protagonista, seduttiva, ma ancor vergine, sposa perfetta, lei sì, più rassicurante, della passionale e possessiva figlia della Madonna. A Coletta il pusillanime  Barca immagina di poter portar via anche la bambina, per allevarla con la donna che presto sarà sua moglie e che di certo, per lui,  diventerà una madre più affidabile.
Tutto è perduto, ormai, chiosa il coro greco, che avvolge i  protagonisti. E lì che Coletta si trasforma in Medea, recando, infine, quale regalo di nozze allo sposo, il cadavere della loro bimba e pugnalando sullaltare la sposa.
Lignobile gesto condanna per sempre la donna, abbandonata nel più vile dei modi.
Il fascio di luce che avvolge la protagonista, nella scena finale,  sigla uninterpretazione mozzafiato e il dolore, che lattraversa, penetra e avvolge tutti, nel teatro, dove tutto è finto e niente è falso,  davvero.   E che sia il 431 a.C. o il 1792, come in questo applaudito allestimento, poco importa.  Medea, oggi,  può abitare anche alla porta accanto. Basta sfogliare le pagine di cronaca e non restare indifferenti.