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02/03/19

TEATRO - "Ecce Virgo", storia iconoclasta, fra grottesco e disperazione


di Maria Ricca

Lamagna, Di Maso, Rondinella (foto Facebook)
NAPOLI - Figure emergono dall’oscurità. Sono i fantasmi dell’altro “io”. Quello che nelle coscienze dorme rassegnato. O finge di dormire, perché non c’è altro, dice a se stesso, da fare.  C’è da preservare il proprio posto nel mondo, quello che la società ha assegnato e che si è  accolto per convenienza. Non senza soffrirne, beninteso, ma nella consapevolezza triste di non poter fare altrimenti.
Basta però una scintilla, l’intuizione di qualcosa di diverso, di altro, uno spiraglio che si apre e lascia intravedere cosa c’è oltre quella porta, forse non irrimediabilmente chiusa. Non ancora. Accade così che una clarissa, monaca di clausura,   che insperabilmente viene a contatto con l’opportunità di dar sfogo alle proprie più intime pulsioni, vi si abbandoni, divenendo carnefice per obbedire alla sua libido.
E’ la trama di “Ecce Virgo”, l’opera di drammaturgia  contemporanea messa in scena a “La Giostra” di Napoli, ed in programma ancora questa sera alle 20,30 e domani alle 18, tratta direttamente dal testo “Teatro”, raccolta edita da Guida e presentata in tutta Italia.
Angela Di  Maso, autrice del testo e delle partiture musicali, regista, dirige in maniera asciutta ed impeccabile Francesca Rondinella e Gianni Lamagna, Monaca e Padre Confessore. I due interpreti, icone disperate, dominano la  scenografia essenziale, invasa da un Crocifisso illuminato, che poi si fa panca, per ospitare la “confessione” dei peccati della donna. Gli attori sapientemente danno vita ad una storia di profonda infelicità,  disegnando con abilità e recitazione misurata i passi della vicenda.
“Ecco la Vergine”, dunque, che tale non è più e che trova finalmente modi e tempi per raccontare di come fu che un giorno ella incontrò una giovane innamorata, in procinto di “malmaritarsi” per convenienza familiare. E di come ne ascoltò i turbamenti e di come riuscì, negli incontri con l' innamorato, a sostituirsi a lei, murata  viva in casa per la vergogna dai genitori, e ad accogliere , complice l’oscurità, prima l’inconsapevole amante e poi, nel suo grembo, il frutto della colpa.
Non è scelto a caso l’atterrito Confessore. La donna sa bene che egli stesso è caduto più di una volta in tentazione e poi in peccato, avendone scoperto, in Chiesa, il suo incontro carnale con la Perpetua.
I due sono simili, dunque, così simili da confrontarsi anche fisicamente nella più intensa delle scene, quando la Monaca, scopertasi, rivela sotto il velo la calza che ne rende il capo rasato, proprio come quello del Confessore, divenuto, suo malgrado, Confidente.
Impossibile, quindi,  fuggire da se stessi, uccidere quella parte di sé che più spaventa, come pure prova a fare il Frate, tentando di strangolare la "Virgo tremendissima", quando la voglia di unirsi a lei, suggestionato dai suoi racconti, si fa più intensa. Non resta che concedere l’assoluzione, infine, perché perdonando lei, egli perdona se stesso.
E’ tempo, infine, di indossare di nuovo la maschera: il Crocifisso ritorna al suo posto, Confessore e Suora riprendono i propri ruoli. Se sia vero o presunto quanto accaduto, non è dato sapere. Se cedere agli impulsi della carne sia stato atto di “natura” o di  “lussuria”.
Applausi. Ed in platea, fra gli spettatori che hanno riempito “La Giostra” in ogni ordine di posto, un interrogativo: se ciò che è proibito ai consacrati (“L’amore…”, ribadisce la Monaca), finalmente non lo fosse più, cosa accadrebbe?