30/08/24

BENEVENTO - Maurizio De Giovanni incanta il pubblico dell'Hortus. Ed è di nuovo Città Spettacolo


di Maria Ricca

Per un attimo lunghissimo, un'ora e mezza o poco meno, la forza evocativa del racconto teatralizzato ha restituito al pubblico la magia di Città Spettacolo com'era, quella rassegna di teatro puro, di sentimenti e di emozioni prima di diventare Festival.

È toccato alla sapiente regia di Maurizio De Giovanni compiere un piccolo miracolo di perfetta sincronia tra voci e musica, che ha rapito il pubblico. Complici le voci duttili ed esperte di Rosaria De Cicco e Paolo Cresta e i chiaroscuri delle interpretazioni liriche di Marianita Carfora, sottolineate dagli excursus sonori della band di Giacinto Piracci ed Enzo Grimaldi . E l'Hortus Conclusus ha accolto finalmente, di nuovo, una performance dai toni delicati ed aspri insieme, per narrare la parabola di Ignazio, che vive molte vite, diviso tra terra e mare, madre la prima, affascinante eppure malefico il secondo.


Un racconto breve che è un vero romanzo di formazione, "Il canto del mare" di Andrea Camilleri, riletto e rivisitato con maestrìa da Maurizio De Giovanni, ha emozionato il pubblico dell'Hortus, con una Fiaba bella e dolente, in una narrazione evocativa, piena di ritmo, che ha delicatamente commosso, senza scadere nel patetico. Forse perché ognuno ha potuto ritrovare una parte di esperienza personale in ciascun  pezzettino della vicenda del sensibile, ma forte Ignazio, migrante in America per ritrovare il padre e far fortuna, e poi sposo e pater familias all'interno di una magione antica, all'ombra di un ulivo secolare e alle spalle il mare affascinante, ma infame. E così il racconto di Nonna Mà, Maruzza Musumeci, protagonista che ricorda e narra ai bimbi del paese la vicenda, che è stata la storia della sua vita, ha stregato gli astanti.
Lasciando lo spazio ad una riflessione: recuperare i toni e le emozioni originarie, il senso profondo di quella splendida intuizione che fu inizialmente  la Città Spettacolo d'autore, volta a valorizzare i luoghi e le espressioni di una realtà ambiziosa e ricca di potenzialità, ancora si può, senza ricorrere ai fuochi d'artificio estemporanei e fatui di nomi di spessore sì, ma solo per una stagione. Perché educare il pubblico, anche dei giovanissimi, ad apprezzare le cose belle si deve. Al di là dei numeri e del divertimento fine a se stesso.