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04/04/18

LIBRI - "Vita ardimentosa di una prof.": Isabella Pedicini ed il racconto dell'amata professione, fra cavilli burocratici e varia umanità

Doppia presentazione, in città ed in provincia, dell'ironico volume, edito da Laterza

di Maria Ricca

BENEVENTO - Conversazione brillante, graffiante ironia, amara consapevolezza.
La "Vita ardimentosa di una prof.", a dispetto della considerazione comune che della bistrattata professione docente si ha, non può che essere descritta con questi toni, com'è stato per la presentazione, condotta al Museo del Sannio, dell'omonimo volume, edito per i tipi di Laterza e scritto da Isabella Pedicini, docente, saggista e scrittrice, guidata da Melania Petriello, giornalista. 
Ai giovani Gianluigi Cirocco, Francesca Collarile, e Anna Chiara Serino, tre studenti del Liceo Classico “Giannone” di Benevento, il compito di leggere brani tratti dal testo. La seconda tappa dell' "ardimentour" si è svolta, invece, martedì 3 aprile, alle ore 18:30, presso il circolo ARCI “Il Bibliofilo” di San Giorgio del Sannio (BN). In quest’occasione, Isabella Pedicini ha conversato  con il fotografo Lorenzo Palmieri, mentre il medico Angelo Nenna ha chiuso l’incontro con una “recensione dada” del libro della giovane scrittrice.
Forti di un'antica complicità, maturata negli anni universitari, le due giovani intellettuali Pedicini e Petriello, interpreti del loro e del nostro tempo, hanno attraversato i temi più interessanti del volume presentato, narrazione, fra serio e faceto, delle peripezie della prof. Pedicini di Storia dell'Arte, nei meandri delle leggi e dei cavilli imposti dal Miur. Dedicato a chi si avvicina ad una professione affascinantissima, ma divenuta oggi quasi "pericolosa" per chi la intraprende. 
E non solo e specialmente per i recenti fatti di cronaca, che ci restituiscono le immagini di insegnanti sfregiate, maltrattate o derise, ma per il percorso irto e ad ostacoli che tocca a chi intende fare dell'insegnamento la propria professione. Nulla sembra mai abbastanza per il Miur e la lunga trafila tra corsi, tirocinio e concorsone pare non terminare mai. 
Nel mezzo, le splendide figure degli allievi, che "da Roma in gù ti chiamano "pressoré" e da Roma in su "pròf", con la "ò" che più aperta non si può. Molti fra loro sono "diamanti pazzi", considera la Pedicini, che andrebbero valorizzati e scelti come esempio di intelligenza brillante e non repressi nella loro esuberanza, espressione di vivacità intellettuale, non di maleducazione. Altri, la maggior parte forse, sono piuttosto passivi e disincantati. Tutti cercano disperatamente qualcuno che li ascolti. 
La docente Isabella attraversa questi mondi paralleli, muovendosi fra gli alunni e i colleghi prof. , che si disperano nei gruppi Facebook, in attesa del bando, e compulsano i siti dedicati, informatissimi su ogni "respiro" del legislatore, mai rassegnati o domi.
"Una generazione, questa, mortificata dai padri -  dice la Pedicini - costretta alla flessibilità e alla precarietà e dunque alla resistenza culturale, se si decide di restare in questo Paese a mettere a frutto studi ed intelligenza. Sullo sfondo un'intera famiglia di docenti, quella d'origine e d'approdo di Isabella, che affettuosamente sostiene l' "ardimentosa prof.", un "humus", ricorda la Pedicini, "da cui provengo", che si rende parte diligente nell'aiutarla ad emergere dalle onde burocratiche in cui si trova a nuotare suo malgrado, a cui reagisce con un innaturale "sentimento zen". Un racconto ironico che si fa denuncia, quando la Pedicini ricorda il "bullismo" addirittura, che si sviluppa nella classe del TFA a cui approda, scoprendo come il fenomeno sia diffuso in ogni generazione e a tutti i livelli, laddove la posta in palio (l'agognato "ruolo") è altissima. "Homo homini lupus", concetto fin troppo chiaro. Ma fra educatori sembra impossibile si possa arrivare a ciò.
Cosa chiede, dunque, oggi, Isabella Pedicini alla Scuola? "Chiedo di ritornare all'essenza di questa Istituzione, che ridiventi opportunità di riscatto sociale per ragazzi in difficoltà, che prenda in considerazione il punto di vista dei ragazzi davvero, che sia non solo luogo di acquisizione di competenze, com'è diventata, ma anche, com'è sempre stata, di conoscenze." Eppure, conclude, "la Scuola italiana è e resta una buona scuola e l'istruzione, lo ripeto sempre ai ragazzi, non è mai tempo perso. E se non ti ascoltano, ribadisco: "L'occasione la state perdendo voi, io credo in quello che faccio!" Se avessi avuto Internet all'epoca in cui ero studentessa io, altroché. Ma non tutti i giovani ne comprendono le vere potenzialità. Io insisto che debbano diventare persone con un'idea, che sappiano argomentare. Brillanti, com'erano i miei compagni di classe delle superiori, ma non birbanti, però...".