PARLIAMO DI...


05/05/14

BENEVENTO - "Sigmund e Carlo" al "Magnifico Teatro": richiamo ironico al senso della "responsabilità collettiva"




Niko Mucci e Roberto Cardone 
di Maria Ricca

Due personaggi che l’autore non lo cercano. Perché sono gli autori di se stessi e delle proprie reazioni irrazionali. Che saranno pure sopra le righe, ma perfettamente in linea con quella disperazione e disillusione che ti prendono, quando sai che non c’è più nulla da perdere, ma tutto  da conquistare, se hai  il coraggio di combattere. Sono “Sigmund e Carlo”, ovvero Freud e Marx, sopravvissuti a se stessi, in un’ora e poco più di dialoghi serrati, protagonisti dello spettacolo, scritto ed interpretato da Niko Mucci, con Roberto Cardone, ...”en travesti”, che si presentano, si confrontano, litigano e si sostengono l’un l’altro, discettando sui temi più scabrosi e dolenti. L’allestimento, in cartellone quest’ultimo finesettimana, per la rassegna “Magnifico Teatro” del “Magnifico Visbaal”,  proseguirà il suo cammino al “Fringe Festival” di Roma.
Davanti ad una scuola femminile, Sigmund e Freud, presunti esibizionisti, temono che la polizia li scopra e, allora, si mascherano di volta in volta in pagliacci da circo, bambini, intellettuali. E così i due  “si ripiegano” su se stessi. L’uno nella sua dimensione piccolo borghese, l’altro nella sua lotta al capitalismo, ognuno “monade perfetta” nell’incomunicabilità con l’altro e con gli altri, seppur uniti nella comune decisione finale, quella di mettere un punto, la parola “fine” a tutto ciò che nel mondo non va, non si comprende, non deve esistere. Una “folìe a deux”, che nasconde ben altro che una semplice voglia di scandalizzare e piuttosto si concretizza in quella di voler cambiare il mondo, ciascuno a suo modo. Anche se l’epilogo sarà tragico.
Il desiderio dell’autore è quello di “svegliare il pubblico e porgli degli interrogativi, attraverso l’arma dell’ironia, in cui hanno diritto di cittadinanza la discussione sullo  sviluppo social-sessuale della società, l’accettazione di esser parte di “un popolo di scansafatiche, chiacchiere, mafia, panorama”, il sogno di Marx di”vedere la classe operaia avanzare nei campi del mondo”, quello di Freud di trovare una ragione ad ogni comportamento. Ma non c’è soluzione.
La dedica finale è a Gabriel Garçia Marquez, “la fantasia al potere” naturalmente, in omaggio al grande scrittore colombiano.
Uno spettacolo godibile, estremamente ritmato, ove i due attori caratterizzano perfettamente i propri strampalati personaggi, a cui Mucci dà maggiore consapevolezza e sicurezza, Cardone volutamente  più rigidità ed esasperazione. Un’opera, certo, fruibile soprattutto da un pubblico “avvertito” e colto, tratta dal testo di un autore sudamericano, e riscritta dal regista Niko Mucci, che, dopo le due sere di  spettacolo, ha ingaggiato una piacevolissima “tenzone” verbale con gli spettatori, raccontando i perché della sua scelta e rispondendo alle domande, forte della sua  esperienza autorale e della sua formazione culturale, ma anche didattica, visto che oltre a svolgere la professione di attore, regista, scrittore, musicista,  dirige ben tre laboratori di recitazione.
Ne è venuto fuori un discorso più ampio, sulle sorti del teatro, che “è materia viva, sempre “in fieri” – hanno detto gli interpreti -  e la sua utilità educativa, sul ruolo dell’attore, “non artista”, ma puro “artigiano”, sulla necessità di dare ai giovani delle risposte, di educarli al bello, ad apprezzare le opere teatrali a tutto tondo, non solo lo “spettacolo”, affascinandoli con il potere della “narrazione”, secondo lo schema del teatro delle origini,  e delle idee.  Su tutto il concetto di “responsabilità collettiva”, che ciascuno ha, “in percentuale differente, a seconda della sua posizione nella società, ma di cui nessuno è privo.”