Presentate alla “Papiri” di Napoli, le suggestive liriche del professor Ciro Tremolaterra
di Maria Ricca
Arrivano dritti al cuore i “Sorrisi da un piccolo giardino”
di Ciro Tremolaterra, docente di Storia e Filosofia nei Licei, presentato
giovedì 27 novembre, alla Libreria “Papiri” di Napoli, da Gennaro Maria Guaccio
e Carmen Attena. Versi ispirati da una sensibilità non comune, che si riverbera
nelle immagini disegnate appena appena, in punta di penna, quasi fossero sussurrate
dall’Autore, che sembra ripercorrere, pagina dopo pagina, i momenti essenziali
di un’esistenza fatta di cose dette e non dette, di un’intensità profonda e
struggente.
“Sia leggero il silenzio interiore/come i capelli di una
ragazza”, recita il Poeta. Una similitudine che delinea immediata l’immagine di
una tranquillità a lungo inseguita, a lungo cercata, forse mai totalmente
raggiunta. Un richiamo ad affrontare consapevolmente, ma senza affanni, la
necessità di ripiegarsi in se stessi a riflettere.
E’ da quella condizione, indispensabile ed insostituibile, che
nascono i ricordi più belli e più teneri, come “Le domeniche a Posillipo” vissute
in famiglia, e quei “gesti così semplici”, che il tempo trascorso non può
bruciare. Come l’immagine della “Ragazza segreta” ed il rimpianto di quel comprendersi
vicendevolmente. “In me vedesti la tua
solitudine e io in te amore illimitato”, dice infatti il Poeta. Il rammarico
per quel che sarebbe potuto essere e non
è stato. Le rose che non colsi, insomma…Quelle più belle, naturalmente.
E così via, di lirica in lirica, di immagine in immagine, di emozione in emozione, l’ Autore ripercorre i passi salienti di un sentiero di vita
e di crescita, segnato dalla semplicità delle azioni del quotidiano, da
incontri con persone e cose, dai piccoli e grandi eventi, che costituiscono l’esistenza
stessa, quella reale che si consuma giorno dopo giorno. “La vita è quello che
ti accade, mentre sei intento a fare altri piani”, cantava del resto John
Lennon, e le riflessioni così intime di Ciro
Tremolaterra ,che disegnano piccole, indimenticabili
icone del quotidiano, sembrano appunto confermarlo.
E, allora, il “fiore”
della speranza, che l’adulto ricerca in se stesso bambino, quel bisogno d’amore
che è in noi tutti, non può che sbocciare,
infine, nella poesia, come nella lirica
che chiude la raccolta: “…E portami un fiore/ ha detto l’adulto/ al bambino che
era,/ un fiore soltanto/ ché ho pianto, ha detto /alla primavera(…) Sorride il
ragazzo all’adulto: tu portami un “Canto”…” Quella poesia che scalda il cuore e
che sola sa lenire le ferite della vita.