Al Magnifico Teatro, Peppe Fonzo, sensibile interprete di un testo grottesco e amaro
di Maria Ricca
di Maria Ricca
Nuovo appuntamento, questo fine
settimana, con la rassegna “Magnifico Teatro” del “Magnifico Visbaal”. In scena
l’attore e regista Peppe Fonzo, in “Fosco, storia de nu matto”, da lui scritto,
diretto ed interpretato, musicisti Flavio Feleppa e Dario Miranda.
A Fosco ha dato vita e volto, dunque, Fonzo, con sensibile coinvolgimento, mettendo al
servizio dell’interpretazione le sue qualità attoriali, un ventaglio che
comprende mimica, gestualità, esecuzioni canore, vocalità funzionale alla
scena, ora narrando, ora esibendosi in un indefinibile dialetto dalle sonorità
meridionali. Una performance in cui son ritornate le suggestioni culturali
dell’interprete, frutto di studio, ma anche di un lavoro di ricerca, che ha
attinto alle sue conoscenze, alle
tradizioni del territorio, e persino a ‘lu
Frasulino’, un brano di Domenico Modugno, assolutamente sconosciuto.
Sembra un “Pierrot Lunaire”,
Fosco. Lui che da tutti è considerato il matto del paese. E invece è solo un
piccolo, povero “travet” rassegnato alla sua attività di “saliere”. Che detto
così sembra chissà che cosa, e invece è solo un caricare e scaricare sacchi di
sale, che brucia il collo e le spalle, ed è un lavoro duro, ma è l’unico modo per portare
a casa i “piccioli”. Anche se bisogna alzarsi di mattina presto, con tutti i
tempi e con tutti i climi, e stringere i denti. Ma, del resto, è “tradizione di
famiglia”, questo mestiere, e lui non deve, non può, suo malgrado, fare
eccezione. Meno male che gli resta il “ciuccio” Peppino col quale parlare, come
si può, interagire di certo, quello sì,
anche se solo per vederlo fare “sì sì-no no” con la testa, anche se si
intestardisce, come solo un asino sa fare quando vuole, e non c’è fieno o
promessa di giovenca da sedurre, che possa tenere. Una vita infame, ingrata,
durissima. A nulla valgono i consigli amorevoli di una mamma, rozza, ma
affettuosa, a nulla il sogno di una “fuitina” con una fanciulla semplice, ma
bella, magari da condividere con l’amico ciuccio e la sua adorata
Gigliola…Insopportabile tenere il ritmo.
Non resta, perciò, che la fuga. E così una sera, di ritorno dal lavoro, esplode la
sua ribellione interiore, sotto forma di malessere…strano, fomicolìo alle mani,
senso di stordimento. Da allora Fosco non sarà più lui. E, ricordando la gioia
e la spensieratezza dei suoi anni giovanili, i giochi col cugino, il primo amore,
tornerà bambino per sempre stavolta, innamorandosi della luna. E “lunatico”
sarà, da quel momento, incarnando perfettamente la dimensione del “fool”, il
matto a cui è concesso tutto dire e tutto fare, lo “scemo del paese” additato
ed atteso, giusto per farsi due risate a fine giornata. Fino a quando, una
notte, lo troveranno immobile, steso per terra, in una pozzanghera, lo sguardo
rivolto al cielo, a quella luna, appunto, a cui sorriderà, con una smorfia
della bocca, che diventerà il ghigno grottesco di un infelice.
Il 17 e 18 gennaio, la rassegna ritorna con l'Italia s'è desta", della Compagnia Ragli,un nuovo squarcio della realtà del Mezzogiorno, tra realtà e finzione, nella scrittura di Rosario Mastrota, con la voce di Dalila Cozzolino.