Il paese della Baronia si prepara
anche quest’anno a celebrare i tradizionali riti della Morte e Risurrezione di
Cristo, nei giorni di Giovedì e Venerdì Santo. A differenza di molti altri
eventi legati alla Passione, quello di Vallata è da considerarsi uno dei più
antichi e, molto probabilmente, uno dei più particolari dell’intero Mezzogiorno
d’Italia.
La Processione del Giovedì e Venerdì Santo, tradizionale e spettacolare rappresentazione religiosa, infatti, si svolge da tempo immemorabile nel comune di Vallata. La vivacità economica del paese e il suo costituire un nevralgico snodo stradale determinarono lo stabilimento di una piccola ma fiorente comunità ebraica, specializzata nel commercio del bestiame, della lana e delle pelli, oltre che nelle consuete attività creditizie. A tale presenza si ricollega la scenografica rappresentazione, che dopo la conversione forzata del 1541, assunse il significato di una catechesi pubblica severa nei confronti degli antichi ebrei, ora divenuti cristiani novelli. Tali rappresentazioni iniziano il giovedì con la consueta lavanda dei piedi, la cattura con il tradimento di Giuda, il processo davanti a Pilato e la flagellazione. Si passa così al venerdì, dove viene ricordata la passione di Cristo con una commossa rievocazione, lontana dalle rappresentazioni sacre così diffuse nel medioevo. Il Venerdì Santo a Vallata rappresenta quel momento magico di incontro tra religiosità e tradizione; dove il momento religioso oltre a non essere ignorato dalla moderna realtà vallatese, è vissuto nel suo aspetto più mistico. Assistere al passaggio di una processione oggi non incute più quel rispetto doveroso verso il Santo, ma il passaggio della bara con la statua del Cristo morto questo sì e lo si vede con quanta devozione la gente si prostra. La tradizione vuole che i giovani si vestano da soldato romano in costume da littore o da centurione, sfidando i rigori di una primavera che quasi sempre tarda a venire in un paese di 870 m/slm., come prova di iniziazione attraverso l'esibizione fisica.
Per questi giovani , la maggior
parte ancora imberbe, che cominciano ad affacciarsi alla vita adulta, indossare
una corazza e sfilare tra la folla, che assiste al lento dipanarsi della
rappresentazione religiosa, rappresenta un'occasione in cui anche loro
denunciano la propria esistenza alla comunità. Fino a qualche anno fa v'era la
corsa a suon di soldi, precedentemente a sacchi di grano, per portare la statua
del Cristo e lo stendardo dell'aquila latina. Nota caratteristica era appunto
l'asta pubblica che si accendeva per portare l'aquila , perché rappresentava
per i giovani il pezzo più ambito della rappresentazione; essa è il simbolo
della potenza di Roma imperiale. Oltre ai simboli del potere romano, sfilano i cosiddetti
"Misteri", oggetti simbolici, e tele settecentesche, di antica
fattura, rappresentanti le scene della vita e della morte di Cristo, con frasi
del racconto evangelico di San Giovanni. Animano la processione due numerosi
"Squadroni”, uno dei piccoli e uno dei grandi, formati da giovani del
paese con armatura romana al completo, preceduti, il piccolo squadrone, dall’
Aquila latina con due alabardieri e dalla guida e, il grande, da Cesare
Imperatore con Lictores, capo squadrone e Pilato. Partecipano alla Processione
circa duecento figuranti. Il passo di tutti è cadenzato dal ritmo di un suono
caratteristico di tromba e tamburo, che contribuisce a creare un ambiente di
commossa riflessione sul grande mistero di dolore di Cristo. Tale meditazione è
ulteriormente sollecitata da alcuni “cantori”. Questi sono suddivisi per
squadre che sfilano ben distanziate le une dalle altre. Ogni squadra, formata
dai migliori vocalisti locali, si ricostituisce annualmente con gli stessi
elementi , perché tra loro è intervenuta quell'intesa vocale che di anno in
anno viene ripresa con prove che effettuano con l'ausilio del buon vino locale
che concorre a schiarire la voce. Essi cantano i versi della "Passione di
Gesù Cristo" di Pietro Metastasio, che il poeta compose nel secondo
periodo della sua vasta produzione e cioè tra 1730 - 1740, periodo
caratterizzato dal suo melodramma ispirato a sincera devozione e slancio
mistico. I versi, per la loro scarsissima diffusione letteraria, sono stati per
anni tramandati oralmente o attraverso incerti scritti; per cui avevano preso
un forte accento dialettale risultando incomprensibili alla maggioranza degli
astanti. Tuttavia, le suggestioni della musicalità, della gestualità e dei
vocalismi riescono a creare un indiscutibile e meraviglioso effetto. Chiudono
la processione il feretro del Cristo morto circondato dai medici del paese e
l’Addolorata circondata da bambine con bandierine listate a lutto. La
manifestazione religiosa si conclude con un prolisso panegirico; per il quale,
in tempi più remoti, venivano chiamati illustri oratori religiosi, che per
l'occasione non perdevano l'opportunità di accompagnare il sermone con delle
vere e proprie reprimende contro i peccati e contro il malcostume.La Processione del Giovedì e Venerdì Santo, tradizionale e spettacolare rappresentazione religiosa, infatti, si svolge da tempo immemorabile nel comune di Vallata. La vivacità economica del paese e il suo costituire un nevralgico snodo stradale determinarono lo stabilimento di una piccola ma fiorente comunità ebraica, specializzata nel commercio del bestiame, della lana e delle pelli, oltre che nelle consuete attività creditizie. A tale presenza si ricollega la scenografica rappresentazione, che dopo la conversione forzata del 1541, assunse il significato di una catechesi pubblica severa nei confronti degli antichi ebrei, ora divenuti cristiani novelli. Tali rappresentazioni iniziano il giovedì con la consueta lavanda dei piedi, la cattura con il tradimento di Giuda, il processo davanti a Pilato e la flagellazione. Si passa così al venerdì, dove viene ricordata la passione di Cristo con una commossa rievocazione, lontana dalle rappresentazioni sacre così diffuse nel medioevo. Il Venerdì Santo a Vallata rappresenta quel momento magico di incontro tra religiosità e tradizione; dove il momento religioso oltre a non essere ignorato dalla moderna realtà vallatese, è vissuto nel suo aspetto più mistico. Assistere al passaggio di una processione oggi non incute più quel rispetto doveroso verso il Santo, ma il passaggio della bara con la statua del Cristo morto questo sì e lo si vede con quanta devozione la gente si prostra. La tradizione vuole che i giovani si vestano da soldato romano in costume da littore o da centurione, sfidando i rigori di una primavera che quasi sempre tarda a venire in un paese di 870 m/slm., come prova di iniziazione attraverso l'esibizione fisica.
L’appuntamento dunque è per il 2 aprile, quando all’imbrunire si svolgerà la suggestiva processione “aux flambeaux” del Giovedì Santo, con cattura, condanna e flagellazione del Cristo. L’indomani, venerdì 3 aprile, alle ore undici prenderà il via la cinquecentenaria processione del Venerdì Santo o del Cristo Morto.