Performance coinvolgente e "sanguigna", a Portici, per celebrare il capoluogo partenopeo, terra di mille contraddizioni
di Maria Ricca
Rileggere la storia
della propria terra è impresa non sempre facile. Soprattutto se questa terra si
chiama Napoli ed è città dalle mille contraddizioni. Nascervi vuol dire
condividere la lingua di Massimo Troisi e di Totò, dirsi concittadino di Paolo
Sorrentino, premio Oscar , poter attingere all’immenso patrimonio teatrale di
Viviani e di Eduardo e a quello musicale di Salvatore Di Giacomo, Libero Bovio
e Pino Daniele. Ma vuol dire anche vivere
quotidianamente il disagio
prodotto ad ogni livello dalla criminalità, i ritardi infiniti, il malcostume, l’indolenza e tanto altro. Insomma, luci ed ombre.
prodotto ad ogni livello dalla criminalità, i ritardi infiniti, il malcostume, l’indolenza e tanto altro. Insomma, luci ed ombre.
E però abbandonare il
campo non è la soluzione. “Si ce ne fujmm’ nuje, chi resta a difenderla questa
città?” Parole di Luigi Rago, docente e drammaturgo, attore e regista, anima
del gruppo Teatralia di Portici, che in un’ora e un quarto di spettacolo, in sede, sul
tema “Nascett’ mmieze ‘o mare” (la storia di una città raccontata attraverso il
varietà) restituisce al pubblico le
immagini più significative di
un percorso storico per certi versi drammatico e per altri grottesco, brillante ed appassionato.
un percorso storico per certi versi drammatico e per altri grottesco, brillante ed appassionato.
E così, le
interpretazioni degli attori, nei vari quadri, scorrono sul palcoscenico
dinanzi al pubblico, che partecipa attivamente, attore fra gli attori, allo
svolgersi delle diverse scene, cantando, applaudendo di volta in volta,
rispondendo alle battute che vi si susseguono .
La prima scena è di
Masaniello (Rago), che conferma l’amore straordinario per il suo popolo (“Ie ve
vulev’ sulamente
bben’, irev’ munezza e ie v’agg’ fatt libbere”) e la voglia di non arricchirsi alle sue spalle (“Annur’ so nat’ e annur’ vogl’ murì! ) . E’ solo un attimo e la scena è di “Pulecenella” (Rago), che ha scoperto che in Paradiso sono tutti uguali, senza differenze, anche se lui non morirà mai. Ma non bisogna mai abbassare la guardia. Risuona, così, la canzone dei rivoluzionari, “Palummella…”, eseguita dalla voce potente e suggestiva di Renato Rossi, con struggente interpretazione, datata 1766, cent’anni dopo la scomparsa di Masaniello.
bben’, irev’ munezza e ie v’agg’ fatt libbere”) e la voglia di non arricchirsi alle sue spalle (“Annur’ so nat’ e annur’ vogl’ murì! ) . E’ solo un attimo e la scena è di “Pulecenella” (Rago), che ha scoperto che in Paradiso sono tutti uguali, senza differenze, anche se lui non morirà mai. Ma non bisogna mai abbassare la guardia. Risuona, così, la canzone dei rivoluzionari, “Palummella…”, eseguita dalla voce potente e suggestiva di Renato Rossi, con struggente interpretazione, datata 1766, cent’anni dopo la scomparsa di Masaniello.
Spezzano la tensione i
gustosi intermezzi comici, che pure restituiscono la vividezza delle immagini e
la freschezza del linguaggio napoletano di certe “comari”, le quali discettano del miglior modo di preparare il
ragù, parlando in più varietà dello stesso idioma di origini partenopee, dal
capoluogo a Torre Annunziata, con tanto di vocali strascicate e
gutturali. Esilarante il risultato, ottenuto dalle brillanti Rosalba Russo, Carla Mautone, Patrizia Palumbo, con Peppe Sannino, già re di Napoli e poi Giorgio Germont, padre di Alfredo, in un’improbabile versione della signora delle Camelie, ancora interpretata dalle due attrici e da Gino Rago.
gutturali. Esilarante il risultato, ottenuto dalle brillanti Rosalba Russo, Carla Mautone, Patrizia Palumbo, con Peppe Sannino, già re di Napoli e poi Giorgio Germont, padre di Alfredo, in un’improbabile versione della signora delle Camelie, ancora interpretata dalle due attrici e da Gino Rago.
E’ già l’epoca dei fasti del Salone Margherita e
della Belle Epoque. Gli attori vestono i panni di amabili frequentatori del noto cafè chantant , fra nobili e spocchiosi perdigiorno ed affascinanti “sciantose”.
Una su tutte la
splendida Lilì Kangy, una spumeggiante Patrizia Palumbo: “Chi mme piglia pe' Frangesa, chi mme piglia pe' Spagnola, ma só' nata ô Conte 'e Mola, metto 'a coppa a chi vogl'i'...”, canta l’attrice ed il pubblico la segue nel suo botta e risposta con gli eccellenti “Maestri di Musica”, Pino Lipari, Bruno Pannone, Pino Segnato, Tonino Vignone, che accompagnano l’intera performance e “Bebé”- Renato Rossi, che, infine, alla Totò, “la vuole interrogare”.
splendida Lilì Kangy, una spumeggiante Patrizia Palumbo: “Chi mme piglia pe' Frangesa, chi mme piglia pe' Spagnola, ma só' nata ô Conte 'e Mola, metto 'a coppa a chi vogl'i'...”, canta l’attrice ed il pubblico la segue nel suo botta e risposta con gli eccellenti “Maestri di Musica”, Pino Lipari, Bruno Pannone, Pino Segnato, Tonino Vignone, che accompagnano l’intera performance e “Bebé”- Renato Rossi, che, infine, alla Totò, “la vuole interrogare”.
Spazio,
per chiudere, all’intramontabile “Festival
di Napoli”, la kermesse canora
importante, nei tempi andati, anche più di Sanremo e alla commozione di “Indifferentemente” e di “ ‘Na Bruna”, sempre interpretate dalla Palumbo e da Rossi.
importante, nei tempi andati, anche più di Sanremo e alla commozione di “Indifferentemente” e di “ ‘Na Bruna”, sempre interpretate dalla Palumbo e da Rossi.
Il
pubblico, prima dell’arringa finale, alla riscoperta di Napoli e delle sue potenzialità
inespresse, è invitato a celebrare la città, cantando la sua “Michelemmà”. Che
sia dedicata all’isola d’Ischia o ad una splendida ragazza riccioluta, non è
dato sapere. Per tutti i presenti è questa la più bella serenata all’amata
Partenope, maledettamente splendida ed appassionata.