22/10/18

TEATRO - Peppe Fonzo racconta la storia di "Fosco", tenero e matto, alla Stagione del "Cilindro Nero"


di Francesco D'Alessio

S.GIORGIO DEL S. (BN) - Ci sono storie tristi. Ci sono storie allegre. Abbiamo ricordi felici, talvolta spiacevoli, talvolta comici, talvolta annebbiati. Accadono eventi eccezionali. Esistono persone normali alle prese con la propria quotidianità; esistono individui dalla doppia vita che assaporano il sacro e il profano dell'esistenza. Ed esiste il matto.

Colui che non conosce brama, colui che non si identifica con il senso comune, colui che canta quando c'è da fare silenzio e scompare quando v'è motivo di esserci. Questa è la storia di Fosco. “Ma lu Fosco... ma chi era? Lo scemo de lu villaggio che si presentava sempre alla stessa ora. Quando arrivava si metteva sempre in mezzo alla piazza e faceva ridere... Tutti erano contenti e si divertivano come matti, ma lui non rideva mai...”
In scena questa sera, 21 Ottobre 2018, ore 18.00, al Cilindro Nero di San Giorgio del Sannio, in occasione del 2° appuntamento della V stagione teatrale promossa da Angelo Sateriale, lo spettacolo di e con Peppe Fonzo, attore e regista del “Magnifico Visbaal” di Benevento ispirato ad un brano dialettale sconosciuto di Domenico Modugno dal nome “Lu Frasulino”.
“Fosco – Storia de nu matto” è un'avvincente metafora della vita di persone che vivono nella miseria e nella routine quotidiana che non dà alcuna soddisfazione, è il sogno di potersi innalzare dalla condizione di inferiorità e di stenti per guadagnare la dignità e gli agi a cui l'uomo terreno brama fin dai suoi primi vagiti. Una storia che mescola umiltà, dedizione, miseria, spontaneità dialettale con i sapori del meridione e della vita semplice e povera. Lo spettacolo ha il sapore del Ciclo dei Vinti di Verga, una serie di romanzi che analizza l'ambizione e il progresso dal punto di vista degli ultimi, degli sconfitti. Lo scenario è spoglio e indefinito, quasi del tutto inesistente se non fossero per un asino stilizzato in ferro e una sedia al centro del vuoto. Ed è proprio in questa landa desolata fatta di solitudine che si sviluppa il racconto di Fosco, un salinaro da generazioni che ha come unico amico un asino di nome Peppino con cui intrattiene innumerevoli conversazioni e non di rado gli fa passare guai con la sua pigrizia. Sognava di andare in America e fare tanti soldi per poi tornare con una carrozza e mostrarsi in piazza in mezzo ad una calca di paesani pronti ad omaggiarlo e porgergli i dovuti ossequi. Ma così non fu e non gli restava che quella vita meccanica composta da dura fatica e miseria. Una sera accadde l'inaspettato. Alzò lo sguardo al cielo e vide la luna. Se ne innamorò e cambiò vita. Abbandonò casa, asino, madre e lavoro per dedicarsi alla contemplazione della luna. Tutti i giorni si recava in piazza sempre alle 7.00 e con il suo fare insolito e disconnesso faceva ridere tutti. Lui non rideva mai. Un giorno non si presentò in piazza e tutti lo cercarono. Fu trovato in una pozzanghera nel bosco a pancia in giù, morto, con lo sguardo a fissare la luna e sul suo volto era inciso un sorriso. Questa fu la breve storia di Fosco, il matto del villaggio, arricchita nei suoi aspetti gioiosi e tristi dalle note del fisarmonicista Flavio Feleppa.