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30/05/22

TEATRO - "Quattro di Dieci" : Giuseppe Miale narra l'imprevedibilità dell'esistenza ai "Racconti..." di VesuvioTeatro

 




In scena fino al 5 giugno a Villa delle Ginestre, nell'ambito della rassegna-progetto

di Maria Ricca

Capita, a volte, di presenziare ad un matrimonio, in uno splendido giardino di albicocchi in fiore e di trovarsi, invece,  a raccogliere le confidenze dei protagonisti principali di quella che solo apparentemente è una festa ed in realtà sembra una sorta di terapia di gruppo, in cui ciascuno intende esprimersi, liberarsi, farsi le proprie ragioni, in qualche modo, e condividere la propria personale angoscia con l’uditorio.

Sceglie fior da fiore il regista Giuseppe Miale Di Mauro, per il suo “Quattro di Dieci”, tratto dal testo di Andrej Longo,  “Dieci”, appunto, scritto nel 2007 e subito pluripremiato per la sua immediatezza comunicativa, proposto in Villa delle Ginestre, a Torre del Greco, nell’ambito della rassegna “Racconti per ricominciare”, percorsi teatrali nei siti del patrimonio della Campania, progetto di Vesuvioteatro.

Fulminanti le descrizioni degli attori, che evocano, con la sola forza della parola, in un vernacolo napoletano intenso e verace, le vicende di cui i personaggi sono stati protagonisti. A cucire il tutto, per restituire leggerezza, gli interventi tragicomici del cameriere del ristorante, Gennaro Lucci, che deve servire il rinfresco agli ospiti e  convincerli, interagendo col pubblico,  ad assaggiare le pietanze più saporite della mensa partenopea. E, infatti,  compito suo è anche inseguire, nel finale,  la riluttante sposa, che non vuol unirsi al marito di comodo, appioppatole da una madre tanto energica, quanto insensibile, a cui dà il volto, con il consueto piglio e grande efficacia recitativa la sempre valida Antonella Morea. Non meno forti le interpretazioni di Andrea Vellotti, in “Onora il padre e la madre”e di Giuseppe Gaudino, che dà volto disperato ed eloquio  drammatico fluente ad un  bulletto che si arrangia come può, con piccoli furti e con il mestiere di “palo”, che gli frutta un certo introito a fine mese, niente di che, ma abbastanza per “campare la famiglia”. Non mette in conto, però, che sarà lui ad abbassare lo sguardo sfrontato davanti ad un semplice ed onesto pensionato, che gli insegnerà cos’è la dignità. Chiude con sofferente rassegnazione, ma non completamente vinta, la dolce Chiara Di Girolamo, che si traveste da... “malafemmina”, quasi ad espiare una colpa non sua, per andare a “farsi togliere” da una “mammana”, il frutto dell’incestuosa violenza di cui è costantemente vittima da parte del padre. Solo alla fine, in un sussulto di ribellione, riuscirà ad allontanarlo dalla sua stanza e a stringere finalmente al cuore il suo pupazzo di bambina, dal nome significativo, “Munnezza”, spazzatura cioè, come si è sentita lei, finora, e finalmente può lasciarsi andare ad un insperato sonno ristoratore.

Lo spettacolo si replica ogni sera, a Villa delle Ginestre, fino al 5 giugno, ore 18.15 e 19,15. Info su vesuvioteatro.org