PARLIAMO DI...


26/10/14

BENEVENTO - Poliedrica e versatile, Nunzia Schiano racconta l’ amarezza inestinguibile di certa condizione femminile

Al “Magnifico Teatro del “Magnifico Visbaal”, esordio vibrante con l’attrice partenopea


di Maria Ricca

Le differenze, quelle sì, beh, si vedono subito.  Se l’ecografia rivela un maschio, tuo padre si inorgoglisce, se si annuncia una femmina,  rassegnato, esclama: “Accumenciamm’ bbuon’!” E poi, via via, se tuo fratello esce con gli amici, “adda fa esperienza”, se sei tu a trattenerti fino a mezzanotte con le  tue compagne, sei una poco di buono. In ogni caso, “devi imparare subito a fare i servizi, trovarti un marito, e rassegnarti ad essere l’ultima a sedersi a tavola a mangiare, la prima ad alzarsi per sparecchiare”.  Se resti incinta e “ ‘o pat’ ‘o vero’”  non vuole riconoscere tuo figlio, devi trovare “ ‘nu pat’ p’apparà”, per salvare le apparenze. Se cerchi di dedicarti a te stessa, impegnandoti nella ginnastica, o curando il tuo aspetto fisico, “nun sì ‘na femmena!”, sei solo una “donna”, come chiosa la “ ‘nciucessa del palazzo”.
Racconta, con l’ironia e la sapienza recitativa che le è propria, Nunzia Schiano,  la condizione femminile ancora odierna,  di certe zone del Meridione, Napoli innanzitutto, e di alcuni strati sociali. Felicemente “madrina” della rassegna “Magnifico Teatro” del “Magnifico Visbaal”,  al debutto lo scorso fine settimana, con “Femmene”, l’opera diretta da Niko Mucci, che l’attrice  ha portato  in scena con Miryam Lattanzio.
Un Meridione  popolato ancora da povere colf disperate, costrette ad alzarsi all’alba per andare a lavorare in centro, schiavizzate da signore “bene”  che le costringono a rompersi la schiena, anche se sono stanchissime, perché “viene il figlio dal Nord, con la moglie e con il bambino e non si possono fare  brutte figure”.  E, intanto, i loro, di figli, sono  a casa, hanno la tosse, la febbre, escono qualche volta  con gli amici, ma non sono mai contenti, perché vorrebbero permettersi quello che hanno i coetanei più ricchi.  E la mamma più di “cinque euro, annascuso a mio marito (cassintegrato!)”, il sabato, non gli può concedere.  Quei coetanei che il più delle volte si chiamano “Gianluca, Gianmarco, Gianfilippo” e guardano con sufficienza chi. la domenica pomeriggio, prende la metro da Piscinola e arriva al Vomero, in cerca di riscatto. Ma non trova che derisione e scherno.  Meglio restare a casa, triste e sola, anche se così si rischia di “pensare” troppo alla propria condizione,  conclude la “sciampista”, che al Vomero ci andrà solo quando sarà in grado di fare “il taglio alle signore”, dall’alto di una certa professionalità. E’ vero dice, che strilliamo, quando discutiamo,  “Ma si nuje alluccamm’ quann’ parlamm’ “, chiosa,  è solo perché altrimenti “nun ce sent’ nisciun’ !”. Meglio vivi ed infelici, però, questi figli, piuttosto che teppisti, che il loro riscatto l'hanno cercato nella delinquenza, e hanno pagato con la vita la loro "intraprendenza". E alla mamma disperata, ma rassegnata e fatalista,  tocca farsene una ragione. 
Nunzia Schiano non interpreta i suoi personaggi, “diventa” letteralmente i suoi personaggi, dando volto e carne alle anime più diverse di una stessa realtà, forte della sua straordinaria versatilità, quella che le consente di passare senza colpo ferire dai film di cassetta con Siani al teatro impegnato. Che “castigat ridendo mores” e denuncia i pregiudizi, mirabilmente incarnati dalla “Nostra signora dei friarielli” che, atto dopo atto, nel “radiodramma” - soap opera di cui è protagonista, passa attraverso le “sventure” più varie, ritrovandosi una figlia buddista (“pecché  ha  vulut’ fa ‘e scole grosse, invece e se truà nu’ marito!”) , una sorella innamorata ed incinta di un ugandese e, dulcis in fundo, un figlio omosessuale. “Insomma, voi avete la pace interiore – conclude -  ma,  a me, nisciun’ ce pensa?!” 
A sottolineare e ad intervallare gli interventi  della Schiano, le suggestive e mirate interpretazioni di Miryam Lattanzio,  tutte latine e tutte passionali, da “Besame mucho” a “Todo cambia”.
E agli increduli che non riescono ad immaginare che ci possa essere, nel 2014, ancora chi la pensa così, non resta che rispondere che ci sarebbe piuttosto da chiedersi se davvero questa condizione cambierà mai. Agrodolce il gusto che quest’opera teatrale lascia agli spettatori, infine invitati a non diffondere su Facebook, eventuali video o fotografie di scena. “Perché l’emozione – conclude la Schiano –va vissuta nel luogo ad essa più consono, il teatro appunto.” E, solo nella verità del contatto diretto, pubblico ed attrice si fondono, nella consapevolezza di certe inalienabili verità.