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24/09/16

INCONTRI - Fra musica e parole, Luca Delgado e i Quartieri Jazz raccontano il #Riscetamento napoletano

A "Ricomincio dai Libri", in Villa Bruno a San Giorgio a Cremano

di Maria Ricca

Non orgoglio, ma giustificata fierezza. E’ lo spirito più vero della battaglia pacata, ma insistente, e per questo tanto più convincente, dello scrittore Luca Delgado, protagonista,  a “Ricomincio dai Libri”, la fiera letteraria di Villa Bruno, in S. Giorgio a Cremano, unica in Campania, di un incontro fra musica e parole,  nel segno del “#Riscetamento”, neologismo con il quale l’Autore racconta il risveglio culturale ed  identitario della città di Napoli. Il suo omonimo “ebook”  è stato primo in classifica in Italia per numero di download (Fonte Amazon, luglio 2016).
Basta con l'oleografia, ma anche con le stucchevoli autocelebrazioni, dunque, nel segno di una reazione necessaria alla ghettizzazione posta in essere da certa stampa, ed incredibilmente  da insospettabili monumenti culturali, la Treccani su tutti, ove il termine "napoletano", non di rado, è stato in passato associato a lemmi indicanti le disonorevoli condizioni di chi è ladro o truffaldino.
Stereotipi insopportabili, ormai, per chi non nega i problemi della città, ma li riconosce come tipici di tutte le realtà metropolitane, italiane ed internazionali.
E allora, via con un’ora e mezzo di viaggio attraverso gli umori e gli stupori di una realtà controversa,  alla riscoperta della natura vera della napoletanità, e rileggendo le pagine più belle della letteratura partenopea, con l’utile supporto della splendida colonna sonora dei “Quartieri Jazz” (Mario Romano alla chitarra classica, Luigi Esposito al piano, Ciro Imperato al basso ed Emiliano Barrella, alla batteria), che scelgono musiche coinvolgenti ed appassionate, per sottolineare i passi interpretati da Luca Delgado.
 “Il napoletano vero – inizia l’Autore  – sa bene due cose: dov’è il Vesuvio e dove si trovava quel maledetto 4 giugno 1994, quando giunse la notizia della morte prematura di Massimo Troisi.”
Eh, già, due punti  vibranti di riferimento, quello fisico e quello spirituale, per raccontare una realtà sanguigna ed amara, che ha sempre affascinato il viaggiatore, da Boccaccio in poi. Lo scrittore toscano ne apprezzava l’infinita allegria e spensieratezza, contro la cupezza della Firenze di allora. Quella solarità che adesso affascina il turista, ormai 2.0, non spaventato da Napoli, ma  dalle sue bellezze incantato.  
Come lo sono stati Dolce e Gabbana, che in pieno centro storico, quest’estate, hanno organizzato  la presentazione della loro nuova collezione e per questo sono stati criticatissimi. Senza considerare che,  invece, in quei giorni,  la città partenopea finiva finalmente in prima pagina sui giornali internazionali, non solo, come sempre,  per la solita, triste epopea di “Gomorra”. 
Non ci si meravigli, quindi, sottolinea  Delgado, “se, andando a presentare un libro su Dublino, com’è successo a me, in una piccola libreria del Nord, anziché chiederti lumi sul testo, ti domandano  “Che si dice a Napoli? Come va?”, alludendo al fatto,  con un gesto eloquente della mano, che nella città partenopea  tutto sia  un “magna magna”, tutto “combine”, ancora una volta, “tutto truffa”, e basta.  
Eppure è qui che Giovan Battista Basile, tra il 1634 ed il 1636, scrive quelle fiabe, ne “Lo cunto de li cunti”, come Cenerentola, che avrebbero acquisito dignità letteraria internazionale solo con i fratelli Grimm, molto più tardi, o popolarità, addirittura con il volto bamboleggiante disegnato dalla Disney.
Una fiaba, peraltro, in cui l’eroina della narrazione, qui “Zezzolla”,  non è affatto dimessa, ma combattiva ed energica, anzi “cazzimmosa”, come si conviene ad una fiera rappresentante della forza popolare parteopea, che sa far valere le sue ragioni.
Più malinconica e suggestiva è la letteratura dell’Ottocento, con “Pianefforte 'e notte” di Salvatore Di Giacomo, che racconta i vicoli di Napoli e le loro atmosfere, mentre lentamente la lingua napoletana si avvia a diventare idioma regionale, perdendo il primato, rispetto all’imposto toscano, ma non la dignità.
Ed ancora oggi, nelle antologie scolastiche, è difficile, se non impossibile, nota Delgado,  leggere poesie degli autori partenopei.
Nel 1861 arriva l’unità d’Italia, che, per lo scritture, invece,   sancisce la definitiva espropriazione fisica e culturale del nostro territorio, da parte dei Piemontesi.  E’ per questo che, poi, con la Grande Guerra dei primi del ‘900, molti sono i giovani partenopei che si sottraggono alla leva obbligatoria.  Quel conflitto non lo sentono proprio, non ne comprendono il senso. Disertori? Tecnicamente, sì, ma essere in prima fila in una guerra per una “Patria” dalla quale non si sentivano rappresentati, avrebbe voluto dire abbandonare casa e famiglia a se stesse ed impoverirle ulteriormente.
Grida ancora al “Campanilismo”, Raffaele Viviani, nel 1931, invitando i Napoletani ad apprezzare di più la propria realtà ed a cantarne le lodi, come della propria farebbe un altro italiano qualsiasi.
E, invece,  a Napoli, spesso, si è gli uni contro gli altri. Tranne in quelle quattro giornate del settembre 1943, quando la città si unì eroicamente contro i tedeschi,  e la liberò, consentendo agli alleati l’ingresso già il 1° ottobre dello stesso anno.  Uniti , dunque, si vince, contro guerra e pregiudizi, ribadisce Delgado.  Soprattutto adesso che  la “Resistenza” non è più fisica, ma soprattutto  “culturale”, nel segno della voglia di riscatto e cambiamento  . “Le 4 Giornate di Napoli” è anche il titolo del secondo album dei “Quartieri Jazz”, che verrà presentato venerdì 30 e sabato 1 ottobre, alla Galleria Borbonica.  
Siamo ormai al pieno Novecento, quando Annamaria Ortese racconta la dura realtà napoletana ne  “Un paio d’occhiali”, da  “Il mare non bagna Napoli”,   quelli che servono alla piccola Eugenia per vedere bene, finalmente, ma solo per scoprire povertà e degrado intorno a sé.
Le stesse lenti che, però, altrimenti inforcate,  dice Delgado, consentirebbero di comprendere quanti pregiudizi circondano Napoli e quanto sarebbe bello e produttivo che di quelli noi stessi ci liberassimo.
Per guardare finalmente verso il futuro, dimensione che, per il momento, non esiste nemmeno più linguisticamente in napoletano, dove si è fermi ad una celebrazione del glorioso passato e si vive nel presente.
E, invece, per dirla con Erri De Luca, “Napoli non è città aperta, è spalancata!”. Per cui c’è tempo, infine,  ancora, per ricordare da parte di Delgado,  tutti quegli scrittori  che, con disincanto, coraggio e determinazione, hanno raccontato la città partenopea e, se potranno,  lo faranno ancora, in un crescendo di entusiasmo, che si specchia nel parallelo crescendo musicale dei “Quartieri Jazz”. L'ultimo tributo è a Giancarlo Siani, morto trentasei anni fa, proprio il 23 settembre.