A "Ricomincio dai Libri", in Villa Bruno a San Giorgio a Cremano
di Maria Ricca
Non orgoglio, ma giustificata fierezza. E’ lo spirito più
vero della battaglia pacata, ma insistente, e per questo tanto più convincente,
dello scrittore Luca Delgado, protagonista, a “Ricomincio dai Libri”, la fiera letteraria
di Villa Bruno, in S. Giorgio a Cremano, unica in Campania, di un incontro fra
musica e parole, nel segno del “#Riscetamento”,
neologismo con il quale l’Autore racconta il risveglio culturale ed identitario della città di Napoli. Il suo
omonimo “ebook” è stato primo in
classifica in Italia per numero di download (Fonte Amazon, luglio 2016).
Basta con l'oleografia, ma anche con le stucchevoli
autocelebrazioni, dunque, nel segno di una reazione necessaria alla
ghettizzazione posta in essere da certa stampa, ed incredibilmente da insospettabili monumenti culturali, la
Treccani su tutti, ove il termine "napoletano", non di rado, è stato in passato associato
a lemmi indicanti le disonorevoli condizioni di chi è ladro o truffaldino.
Stereotipi insopportabili, ormai, per chi non nega i
problemi della città, ma li riconosce come tipici di tutte le realtà
metropolitane, italiane ed internazionali.
E allora, via con un’ora e mezzo di viaggio attraverso gli
umori e gli stupori di una realtà controversa,
alla riscoperta della natura vera della napoletanità, e rileggendo le pagine più belle della
letteratura partenopea, con l’utile supporto della splendida colonna sonora dei
“Quartieri Jazz” (Mario Romano alla chitarra classica, Luigi
Esposito al piano, Ciro Imperato al basso ed Emiliano Barrella, alla batteria),
che scelgono musiche coinvolgenti ed appassionate, per sottolineare i passi interpretati da Luca Delgado.
“Il napoletano vero –
inizia l’Autore – sa bene due cose:
dov’è il Vesuvio e dove si trovava quel maledetto 4 giugno 1994, quando giunse
la notizia della morte prematura di Massimo Troisi.”
Eh, già, due punti
vibranti di riferimento, quello fisico e quello spirituale, per
raccontare una realtà sanguigna ed amara, che ha sempre affascinato il viaggiatore,
da Boccaccio in poi. Lo scrittore toscano ne apprezzava l’infinita allegria e spensieratezza,
contro la cupezza della Firenze di allora. Quella solarità che adesso affascina
il turista, ormai 2.0, non spaventato da Napoli, ma dalle sue bellezze incantato.
Come lo sono stati Dolce e Gabbana, che in pieno centro
storico, quest’estate, hanno organizzato la presentazione della loro nuova collezione e
per questo sono stati criticatissimi. Senza considerare che, invece, in quei giorni, la città partenopea finiva finalmente in prima
pagina sui giornali internazionali, non solo, come sempre, per la solita, triste epopea di
“Gomorra”.
Non ci si meravigli, quindi, sottolinea Delgado, “se, andando a presentare un libro su
Dublino, com’è successo a me, in una piccola libreria del Nord, anziché
chiederti lumi sul testo, ti domandano
“Che si dice a Napoli? Come va?”, alludendo al fatto, con un gesto eloquente della mano, che nella
città partenopea tutto sia un “magna magna”, tutto “combine”, ancora una
volta, “tutto truffa”, e basta.
Una fiaba, peraltro, in cui l’eroina della narrazione, qui
“Zezzolla”, non è affatto dimessa, ma
combattiva ed energica, anzi “cazzimmosa”, come si conviene ad una fiera rappresentante della forza popolare parteopea, che sa far valere le sue
ragioni.
Più malinconica e suggestiva è la letteratura
dell’Ottocento, con “Pianefforte 'e notte” di Salvatore Di Giacomo, che
racconta i vicoli di Napoli e le loro atmosfere, mentre lentamente la lingua
napoletana si avvia a diventare idioma regionale, perdendo il primato, rispetto
all’imposto toscano, ma non la dignità.
Ed ancora oggi, nelle antologie scolastiche, è difficile, se
non impossibile, nota Delgado, leggere
poesie degli autori partenopei.
Nel 1861 arriva l’unità d’Italia, che, per lo scritture, invece,
sancisce
la definitiva espropriazione fisica e culturale del nostro territorio, da parte
dei Piemontesi. E’ per questo che, poi,
con la Grande Guerra dei primi del ‘900, molti sono i giovani partenopei che si
sottraggono alla leva obbligatoria. Quel
conflitto non lo sentono proprio, non ne comprendono il senso. Disertori?
Tecnicamente, sì, ma essere in prima fila in una guerra per una “Patria” dalla
quale non si sentivano rappresentati, avrebbe voluto dire abbandonare casa e
famiglia a se stesse ed impoverirle ulteriormente.
Grida ancora al “Campanilismo”, Raffaele Viviani, nel 1931,
invitando i Napoletani ad apprezzare di più la propria realtà ed a cantarne le
lodi, come della propria farebbe un altro italiano qualsiasi.
E, invece, a Napoli,
spesso, si è gli uni contro gli altri. Tranne in quelle quattro giornate del
settembre 1943, quando la città si unì eroicamente contro i tedeschi, e la liberò, consentendo agli alleati l’ingresso
già il 1° ottobre dello stesso anno.
Uniti , dunque, si vince, contro guerra e pregiudizi, ribadisce Delgado.
Soprattutto adesso che la “Resistenza” non è più fisica, ma soprattutto
“culturale”, nel segno della voglia di
riscatto e cambiamento . “Le 4 Giornate di Napoli” è anche il titolo del
secondo album dei “Quartieri Jazz”, che verrà presentato venerdì 30 e sabato 1
ottobre, alla Galleria Borbonica.
Siamo ormai al pieno Novecento, quando Annamaria Ortese racconta
la dura realtà napoletana ne “Un paio d’occhiali”,
da “Il mare non bagna Napoli”, quelli
che servono alla piccola Eugenia per vedere bene, finalmente, ma solo per
scoprire povertà e degrado intorno a sé.
Le stesse lenti che, però, altrimenti inforcate, dice Delgado, consentirebbero di comprendere
quanti pregiudizi circondano Napoli e quanto sarebbe bello e produttivo che di
quelli noi stessi ci liberassimo.
Per guardare finalmente verso il futuro, dimensione che, per
il momento, non esiste nemmeno più linguisticamente in napoletano, dove si è
fermi ad una celebrazione del glorioso passato e si vive nel presente.
E, invece, per dirla con Erri De Luca, “Napoli non è città
aperta, è spalancata!”. Per cui c’è tempo, infine, ancora, per ricordare da parte di Delgado, tutti quegli scrittori che, con disincanto, coraggio e determinazione, hanno raccontato la città partenopea e, se potranno, lo
faranno ancora, in un crescendo di entusiasmo, che si specchia nel
parallelo crescendo musicale dei “Quartieri Jazz”. L'ultimo tributo è a Giancarlo Siani, morto trentasei anni fa, proprio il 23 settembre.