Presentato al Convitto "Giannone", il progetto "Campus Benevento" (Una tenda per la città), laboratorio civico permanente di studio, proposta ed azione. Un’articolata analisi sulla condizione del territorio, la crisi del ceto politico, i rischi dovuti alla corruzione e alla illegalità, la rassegnazione dilagante e la possibilità di rinascita, sono al centro del documento programmatico che introduce l’esperienza di “Campus Bn”, fondato da cento adulti e giovani, tra cui numerose personalità significative di mondi vitali della città. Sono, infatti, esponenti di spicco nel campo della economia, della cultura, della sanità, del mondo accademico e studentesco, del volontariato e dell’arte. Una rete virtuosa che si prepara ad affrontare i temi centrali del territorio con la creazione di gruppi di lavoro, avviare programmi di stimolo per le istituzioni e sostenere in concreto le situazioni più difficili della città.
Tra i primi strumenti adottati da “Campus Bn” la piattaforma web per la progettazione partecipata in cui alle denunce provenienti da ogni latitudine cittadina si aggiungono proposte per risolvere le questioni sul tappeto. Sono previsti anche momenti di formazione residenziale, scambi culturali ed eventi che vedranno coinvolti più movimenti.
Di seguito i contenuti del documento.
Consapevoli di vivere in un contesto
territoriale al centro di una straordinaria crisi sociale, civile, economica,
etica e politica, e certi dell’urgenza di una svolta, di una migliore
conoscenza delle proprie vocazioni personali e delle risorse rappresentate
dagli altri, di una condivisione
convinta e di una partecipazione
operosa nei confronti della nostra Benevento, ci impegniamo ad avviare
l’esperienza di “Campus Bn”, un laboratorio civico permanente di studio,
proposta e azione creato da cento uomini e donne impegnati in vari campi e
rappresentativi di mondi diversi, chiusi finora nei rispettivi recinti. E’ il
tentativo di piantare una tenda lungo il cammino di ciascuno e favorire un
luogo di discontinuità dove produrre innanzitutto un dialogo fuori dal
domicilio delle proprie certezze.
Perché?
La realtà cittadina, variegata e ricca
di potenzialità, spesso inespresse, è andata progressivamente inaridendosi fino
a rappresentare oggigiorno un desolante
scenario di rassegnazione. Da una parte la classe politica, debole,
scarsamente formata e spesso non sostenuta da solidi principi etici, dall’altra
una società passiva e indifferente alle dinamiche decisionali (“Tanto chiunque
arriva nel Palazzo non fa altro che curare i propri interessi”). Nonostante la
ormai limitata disponibilità di risorse economiche, il criterio clientelare
regola ancora i rapporti tra cittadino e istituzioni con l’obiettivo
strisciante di frammentare la speranza e renderla una serie di piccole ed
egoistiche attese. In questo quadro si inserisce, tra gli altri fenomeni,
quello dell’insistente caccia agli incarichi e alle inutili consulenze, super
pagate, con sperpero assoluto di denaro pubblico.
L’effetto Concordia fa sì che l”inchino”
ci spinga contro gli scogli di un naufragio esistenziale senza precedenti
mentre l’assoluta incapacità di programmare e disegnare percorsi futuri, oltre
alle istituzioni, coinvolge anche le agenzie di senso, un tempo anima dei
processi sociali e culturali. La crisi di credibilità della politica e delle
istituzioni non è infatti diversa da quella che investe, a esempio, la scuola e
la chiesa. La società liquida, così come è oggi configurata, sembra
ingovernabile e nessuno si spinge oltre nella progettazione dei necessari
“depuratori”.
Nonostante tale deriva, capita spesso di
riconoscere la qualità di alcune persone impegnate in varie e significative
attività. Talvolta però gli attestati di bravura vengono interpretati dagli
interessati quali medaglie per un trionfo personale, e non come meriti
riconducibili al servizio per gli altri e alla storia comune. Dobbiamo
ribaltare il concetto: la qualità deve essere strumento e non fine.
La
sfida è dunque mettere in circolo le rispettive risorse e le diversità virtuose
senza parcheggiarle davanti a uno specchio. E’ giunto il
tempo di rischiare tentativi che
rappresentino il valore aggiunto dei rispettivi prodotti individuali. Il nostro
impegno è ricomporre la speranza considerandola finalmente un serio lavoro di
gruppo. In questa lotta all’invisibilità decidiamo
da subito di imbracciare le nostre carte d’identità e di condividere le
rispettive quote di libertà e di disponibilità. In… “Campus”, allora, per
sostenere e rilanciare le ormai flebili attese della comunità, scommettere
sulla rete virtuosa, capace di proposta e di azione. Non è l’ennesimo movimento
politico, né il partito dei migliori, quello che nasce, ma il desiderio di
ridare al termine “politica” la sua piena dignità dopo decenni di scorribande
piratesche nei mari del bene comune.
Lo
scenario politico e sociale
Mai era capitato, negli ultimi 50 anni
di vita cittadina, di osservare una così rilevante debolezza del ceto politico
e della classe dirigente. L’eternità al
potere e l’inconsistenza delle nuove figure proposte hanno depotenziato le
poche risorse emergenti a conferma che la politica sia divenuto un mondo
separato, chiuso in se stesso, autoreferenziale, che non ha bisogno né di
percorsi formativi né di un consenso reale.
Politici
e amministratori di questa città (alcuni al centro di inchieste della
magistratura) proseguono “indisturbati” la gestione del potere grazie alla
presunta certezza di vivere una storia a parte, complice la ritirata ingloriosa
del ceto medio, ridotto a rango di semplici tifosi, e di intellettuali troppo
sensibili al richiamo dei patrocini alle loro iniziative. L’informazione, dal
canto suo, non sempre all’altezza del suo ruolo democratico e civile, prosegue
a “trasmettere” a una platea assai ridotta (in una provincia di quasi 300.000
abitanti ogni giorno acquistano il giornale solo in 5.000, e la tipologia on line intercetta una percentuale
ancora limitata di utenti) che non viene sollecitata alla critica e alla
partecipazione.
La
crisi e la rassegnazione
La crisi ha ridotto il territorio
sannita in una condizione di emergenza e il tessuto produttivo soccombe sotto i
colpi di un esasperato individualismo e di un deprecabile nanismo
imprenditoriale, con le piccole e medie imprese che non accolgono l’opportunità
di fare sistema. Si conta esclusivamente sulle limitate quote che le entrate
del Governo nazionale e della Regione riescono a garantire per opere di cui non
si conoscono mai i tempi di realizzazione.
Quasi
arrendevoli di fronte a un genetico sistema assistenziale, sembriamo incapaci
di produrre in proprio le nostre occasioni di sviluppo.
Non è un caso che gli amministratori partoriscano iniziative esclusivamente in
presenza di disponibilità economiche. Quando le casse si svuotano la politica
si ferma. La città regredisce nelle classifiche sulla qualità della vita e non
conquista il punto più in basso esclusivamente grazie ai pochi reati denunciati
(ma la violenza non è soltanto quella delle rapine, degli scippi, delle
aggressioni e dei furti in casa). Servizi scarsi e mal gestiti, barriere
architettoniche ancora disseminate lungo strade e strutture pubbliche, valorizzazione
e tutela dei beni culturali affidata a poche e sporadiche iniziative, istituti
culturali senza guide certe, sistema di attrazione turistica ancora indefinito.
Il riconoscimento di patrimonio
dell’umanità per il complesso di Santa Sofia non sembra aver sconvolto i piani
degli amministratori che hanno consentito a pochi privati di trasformare la
zona magica in un grande “Pub Unesco”, ove le patatinerie e le friggitorie
hanno cancellato ogni segno di librerie e di botteghe d’arte. E la “Città cultura”
si ritrova ormai senza più sale cinematografiche e quasi senza teatri.
L’illusione di improbabili insediamenti
industriali ha partorito aree Pip (Piano di insediamenti produttivi), spesso
inutili e devastanti per l’ambiente, dove le industrie attese non arrivano e i
suoli restano inutilizzati mentre potrebbero essere riconsegnati
all’agricoltura e alle imprese sociali e sostenibili che si inseriscono tra le
poche speranze per una nuova e concreta economia dal volto umano. Mancano spazi
verdi nella periferia, campi gioco per bambini e ragazzi, centri di
socializzazione per gli anziani, persino piazze create secondo moduli
urbanistici validi per tutti i cittadini. Le cosiddette aree nodali – in primis la zona Duomo-piazza Orsini –
offrono uno spettacolo di caos per i pedoni e per le auto mentre ai pochi
interventi realizzati non sembrano seguire atti concreti e idee chiare circa
gli scenari futuri. Le povertà sono cresciute fino a raggiungere limiti storici
mentre i piani di intervento tardano ad avviarsi e il sostegno concreto alle
fasce deboli resta affidato alle opere di carità messe in campo dalla Chiesa e
dal volontariato.
Il
piano urbanistico non ha cancellato il sospetto che sia stato patteggiato ogni
centimetro con le forze della speculazione, anziché
esprimere un disegno organico per uno sviluppo armonioso della città.
L’assistenza negli ospedali non sempre corrisponde all’ansia degli ammalati
mentre si moltiplicano le tensioni tra i camici bianchi ormai trasformati in
funzionari dei ricettari. Il sistema dei trasporti urbani e i collegamenti con
il capoluogo regionale denunciano limiti da terzo mondo (emblematica la
condizione in cui versa la Ferrovia Benevento-Napoli).
Naturalmente ci sono stati anche
interventi virtuosi, ma decisamente insufficienti rispetto alla tradizione e le
aspettative di questo territorio. L’analisi distribuisce responsabilità in ogni
direzione, anche per quanti non hanno saputo compiere la loro missione
dall’altra parte della barricata, non coltivando la virtù dell’indignazione e
della denuncia, preferendo la fuga nelle riserve esistenziali. Probabilmente
questa ritirata collettiva ha contribuito ad allontanare le nuove generazioni
da una città poco attraente in cui la loro creatività non riuscirebbe a
svilupparsi e le idee non diventerebbero fattore di reddito.
I
comportamenti a rischio
La
città è riconosciuta ancora come “oasi di tranquillità” solo in virtù di aride
e improbabili statistiche, talvolta in contraddizione tra
esse (vedi la qualità di vita, secondo Il
Sole-24 Ore e Italia Oggi). Chi
legge in profondo la realtà non si ritrova in questo scenario. Troppe le
vicende che denotano violenza, nei piccoli come nei grandi momenti di vita
quotidiana. Si va dalla corruzione all’usura, dalla rovina ambientale alle
intimidazioni, dalla scalata di stili camorristici al taglieggiamento
commerciale. In una terra considerata ormai da tempo dagli analisti a rischio
di infiltrazioni mafiose, diventa più di un sospetto l’ipotesi che gli appalti
prendano precise direzioni. Certi fenomeni, “silenziosamente” consolidati,
scivolano nella coscienza comune con terrificante disinvoltura per consegnare
la presunta soluzione esclusivamente alle Forze dell’ordine e alla
Magistratura: nella nostra città si spara poco ma non mancano fenomeni inquietanti
come droga, racket, tangenti e appalti truccati.
Cosa
fare?
Puntiamo
a un’operazione complessa, permanente, che impegni le nostre coscienze e non
vada affrontata in maniera confessionale magari pensando a far prevalere
soltanto i suggerimenti dettati dalle proprie convinzioni.
La città vive di quotidiane domande e di
risposte intermittenti. La sfida è innanzitutto quella dell’ascolto, quindi il
dovere di ripulire e ampliare le domande e contribuire alle risposte. Un
compito che non spetta solo alle istituzioni.
Siamo
pronti a un cammino consapevole, fatto non tanto di sventagliate di denunce
quanto di contributi responsabili. Ci impegniamo a
produrre passi in avanti anche quando le ginocchia non reggeranno, pause se gli
eventi dovessero rivendicare riflessione e analisi attente, barricate contro le
irresponsabili scelte del potere, vicinanza e concretezza nei luoghi del più
dolente disagio, presenza competente nelle sedi della pianificazione, sostegno
alle buone prassi e alla produzione di idee creative, investimento anche
economico di fronte ai bisogni non soddisfatti dalla catena ufficiale e non
sempre trasparente della solidarietà.
I
gesti concreti
Campus
Bn
intende perseguire la crescita culturale dei suoi aderenti, con incontri formativi, seminari
residenziali, esperienze di condivisione, dibattiti; proporrà interventi per
sensibilizzare i cittadini e stabilire contatti con ogni realtà sociale e
culturale; stimolerà la partecipazione dal basso con una piattaforma web costruendo una mappa di bisogni e attese; proporrà
iniziative concrete di solidarietà; valuterà attentamente le scelte strategiche
dell’Amministrazione comunale sollecitando eventuali modifiche e percorsi
alternativi; avvierà sistematiche
verifiche circa le condizioni di vita delle persone per offrire competenze
e professionalità capaci di sostenerne le criticità; vigilerà contro i tentativi di devastazione dell’ambiente e degli spazi
urbani condivisi; affiancherà ogni tentativo di ideazione e sviluppo con progetti in grado di valorizzare i beni
culturali e le caratteristiche del volontariato culturale; punterà su un
nuovo sistema di comunicazione in grado di utilizzare varie forme artistiche ed
espressive per raccontare storia, drammi e speranze attuali del territorio. Va
considerata anche la creazione di un
foglio di impegno civile e collegamento tra i gruppi aderenti.
Metodo
di lavoro
Campus
Bn proporrà al gruppo dei partecipanti tre macro aree di studio e di impegno
concreto le quali svolgeranno analisi relative ai temi guida, eseguiranno
istruttorie sui problemi presentati, con vari strumenti (soprattutto attraverso
la gestione della piattaforma web “Benevento partecipata”), e formuleranno
proposte e iniziative al vaglio dell’assemblea.
I
tre campi individuati sono: a) la città vista con trasparenza sotto il profilo
amministrativo; b) la comunità attraverso i servizi alla persona; c) l’economia
in quanto valvola di ripresa collettiva.
Città
della trasparenza, partecipazione e legalità
Questo gruppo è chiamato ad analizzare e
studiare i fenomeni sociali e vigilare contro possibili infiltrazioni
camorristiche; a denunciare le
illegalità e proporre una cultura anticorruzione; ad elaborare progetti di
intervento diretto affinché i beni
confiscati alla camorra o dismessi vengano concessi ad imprese sociali con
intervento responsabile di giovani sostenuti da associazioni anticamorra
già esistenti, tra tutte Libera.
Comunità,
servizi alle persone e dignità umana
Fondamentale sarà ricostruire un tessuto
di comunità attraverso una partecipe condivisione delle attese nelle fasce più
deboli con iniziative di vicinanza concreta e di pianificazione orientata a una
città più giusta e disegnata a dimensione umana. Parliamo anche di valutazione e ripensamento dei piani
urbanistici, individuazione e denuncia delle loro più stridenti contraddizioni con
relative proposte di modifica affinché vengano abbattute le condizioni che
mortificano la dignità di bambini, donne, disabili, malati e anziani. Per tali
fasce sociali si pensa ad un coinvolgimento dei profili professionali
disponibili e all’attivazione di sostegni sociali e culturali varianti dai
contributi economici all’educazione e alla formazione infantile (ad esempio con
percorsi di doposcuola in
collaborazione con le parrocchie) fino ad un sistema decentrato di sanità
solidale fondato su presidi
ambulatoriali per le persone bisognose (piccoli centri mobili della carità)
oltre a strutture di accoglienza e servizi destinate ai minori, a partire dagli
asili nido. Sull’igiene ambientale
saranno creati nuclei di monitoraggio.
Una
economia al servizio delle idee
Le previsioni sul sistema economico
locale non lasciano spazio all’ottimismo, almeno nel breve e medio periodo. Ma
bisogna ripartire dalle idee, selezionare e perseguire linee guida legate a
precise strategie e priorità. In questo contesto sembrano decisive le scelte in
settori-chiave come il turismo e la valorizzazione dei beni culturali.
L’attuale declino potrà essere invertito con un impegno più appassionato sul
territorio e con il coinvolgimento reale dei cittadini.
Campus
Bn, in
questo scenario di ripresa possibile, intende promuovere un ragionamento che,
partendo dalla revisione delle infrastrutture, anche immateriali, sostenga una
struttura economica in evoluzione. Lo sguardo si rivolge quindi ai giovani che
cercano di realizzare la loro creatività, ai disoccupati e ai lavoratori in
nero che ambiscono ad attività non clandestine, agli imprenditori che intendono
avviare esperienze innovative (soprattutto con l’associazionismo e la cooperazione),
agli uomini di cultura perché contribuiscano a rendere la città degna del suo
passato e ricca di spunti significativi di sviluppo.
Ciò significa avviare un modello di
economia sociale e sostenibile, grazie alla quale si possano recuperare
produttivamente il senso e le vocazioni territoriali. Parliamo di sperimentazioni virtuose, a esempio, in
materia di imprese agricole, di iniziative turistiche, di gestione dei beni
culturali e di una revisione globale della mobilità locale.
L’iniziativa
che lanciamo non rappresenta una risposta all’emergenza sul modello “angeli del
fango” ma punta a pianificare comportamenti e azioni rivolte al bene comune,
capaci di rilanciare il dialogo tra i gruppi sociali, le forze culturali e le
stesse istituzioni. Compito prioritario è: ascoltare, dialogare e proporre. La
prospettiva è creare le condizioni per un risveglio diffuso, un sostegno
efficace a ogni forma di fragilità, e, di fronte alle ingiustizie più palesi, maturare
una sana indignazione e recuperare un livello indispensabile di passione (in
via di spegnimento) per la città di Benevento.