Berruti, Pedicini, Nenna, La Monaca (fonte pag. FB di "Riverberi") |
di Maria Ricca
“Parliamo di cibo, sempre”
, “perché per noi italiani mangiare non è mai solo mangiare”. E’ molto, molto altro. E’naturalmente questa la più efficace delle chiavi di lettura delle
“Ricette Umorali-il bis”, edizioni Fazi, della scrittrice beneventana
Isabella Pedicini, l’
“antiricettario” per eccellenza della “Quentin Tarantino” dei libri di cucina, come la critica ha
definito la sua particolarissima inclinazione a raccontare storie attraverso il
cibo. E non a caso è questa l’affermazione
conclusiva e determinante, dello spot di un noto “brand”alimentare italiano, firmato, peraltro, da Ferzan Ozpetek, regista avvezzo a
rappresentare nei suoi film quella
voglia di stare insieme, di familiarizzare, com’è tradizione per noi, anche e soprattutto
attraverso il pasto conviviale. Un’atmosfera riproposta tutta nella piacevolissima serata di
presentazione, all’Hortus
Conclusus, del volume della Pedicini,condotta, nell’ambito della rassegna “Riverberi 2015”, da
Mario La Monaca e sottolineata dalle letture di passi essenziali dal
testo, da parte di Giovanna Maria Berruti, con l’intervento, in forma di recensione, di Angelo
Nenna.
Una conversazione
amabilissima, quella fra La Monaca e la Pedicini, punteggiata di aneddoti e frutto evidente di una consuetudine amicale,
che ha reso con vivacità i contenuti dell’opera. “Grazie al cibo – ha sottolineato la scrittrice
– racconto delle storie e tutto quello che vivo e che sento “finisce” in qualche modo nell’impasto, dai ricordi alle chiacchiere alle
sensazioni ed emozioni più vive e più
intense.” E così
via,di aneddoto in aneddoto, ricordando lo smarrimento dei “palati in fuga”, ovvero quegli Italiani che, come lei, hanno
vissuto all’estero per un
periodo e sperimentato, ma non troppo, la cucina “italiana” alla maniera d’Oltralpe o d’Oltreoceano, solo apparentemente tale, ma in
realtà disgustosa, passando per le terribili merendine da distributore
automatico, le bevande energetiche quanto imbevibili degli sportivi, l’Amuchina che è indispensabile quando abiti nelle
grandi città inquinate, ma il cui odore penetrante da studio dentistico ti
resta dentro inesorabile. Insomma,bando all’ “apericena”: non resta che rifugiarsi nelle tradizioni e
nel cibo vero e verace, il più semplice e tradizionale possibile, in quel
babà, che la dice lunga e la vince, certo, sulle torte all’americana glassate e dipinte e sulle ricette da
Masterchef, ormai a tutte le ore in Tv, che ti educano a gusti che non sono più
i tuoi.
L' applauso finale del pubblico a cui si inchinano
scherzosamente scrittrice, intervistatore ed
intervenuti tutti, è per la sublime ode allo “Strega”, “
‘a gialla”, dalla ricetta segreta e inaccessibile, che a
Benevento va su tutto, ma proprio su tutto, dal dolce al rustico, e che ritrovi
declinata in tantissime forme. Ma che puoi (che devi!) gustare anche a fine
pasto o anche no, in un bicchierino, mandandola giù tutta d’un fiato, come si conviene ai “nativi”del Sannio. I “non-indigeni”l’usano,
tutt'al più, per
impreziosire la crema pasticciera, intuendone le potenzialità, ma non
sposandone a pieno la filosofia. Che spreco!