di Maria Ricca
Il Napoli Teatro
Festival apre alla descrizione del malessere sociale, attraverso il teatro.
Ruggero Cappuccio, nuovo direttore del Festival, sceglie “Magnifico Visbaal
Teatro”, compagnia nata sul territorio sannita, insieme ad altre tredici realtà
campane, per raccontare nella sezione "Quartieri di vita" il coraggio di chi vive o lavora con persone che vivono
situazioni di disagio economico, utilizzando la pratica teatrale come strumento
di integrazione e di apertura relazionale.
Ne parliamo con
Peppe Fonzo, autore e regista, direttore artistico del Magnifico Visbaal
Teatro, che andrà in scena conla sua compagnia il prossimo 29 dicembre, alle
19, al Teatro De Simone di Benevento, con lo spettacolo “Meat” (“Carne”).
-Una messinscena
dunque, che si immagina forte,
sanguigna, immediata. Cosa ha convinto nel vostro progetto e come l’avete
strutturato?
“E’ stato Ruggero
Cappuccio a contattarci, due settimane dopo essere divenuto direttore del
“Napoli Teatro Festival”. Ci conosceva come realtà che, per stile e. . .
resistenza alle avversità, può entrare a
pieno titolo nel novero di quelle compagnie di “teatro di frontiera”, che
operano per superare il disagio che incontrano o che vivono in prima persona,
operando professionalmente nel proprio campo,
senza alcuna garanzia. Ci siamo trovati così in cartellone con compagnie
che già conoscevamo, e a noi, per certi versi omologhe, come “Teatro Civico 14”
di Caserta e “Nest” di San Giovanni a Teduccio, oltre ad altre giovani realtà.
E così abbiamo
pensato a “Meat”.
L’ispirazione di
ciò che abbiamo creato è al “Mercante di Venezia”, un progetto già proprosto
parzialmente l’estate scorsa nella giornata per la riapertura dei teatri
cittadini, dinanzi al San Nicola. “Meat”, ovvero carne”, in riferimento alla
libbra di carne umana che l’ebreo Shylock chiede ad Antonio, in cambio del
prestito concesso e “Meat”, per assonanza al verbo che in inglese significa
“Incontrare”, “Meet”, appunto”, perché quest’opera teatrale e quest’esperienza
in generale sia luogo e terreno di
scambio, fra carne e sangue, nel segno della carnalità, che è presente con
qualcosa di molto crudo, anche sottotraccia, e nei sottotesti dei personaggi,
come l’avido e subdolo mercante.”
-Andate in scena
con interpreti non professionisti, mi riferisco ai laboratori condotti con i
ragazzi delle periferie urbane, alle donne del laboratorio permanente del
Magnifico Visbaal e gli utenti/attori del Dipartimento di Salute Mentale di
Benevento. Più facile o più difficile che lavorare con attori professionisti?
"Da un lato è più facile, perché c’è l’entusiasmo, la voglia di creare un gruppo vero, di attivare sinergie, la voglia di mettersi in gioco. E del resto è questo è davvero il tessuto connettivo del teatro, con la voglia di fare , di essere presenti e protagonisti, giacché nessuno è obbligato o mosso a partecipare, se non dalla propria passione. I limiti quindi diventano ispirazione e punto di partenza fortissimi.
Lavorare con un gruppo di professionisti è naturalmente agevole, ma spesso in alcuni casi può venir meno lo slancio vero e tutto diventa mestiere.”
-Tornerà
la rassegna “Magnifico Teatro”? Sembrava in un primo momento che le
difficoltà nate lo scorso anno con la perdita della sede di via Ponticelli, dopo l'alluvione, fossero risolte...
"La rassegna 2017 è pronta, le date definite. Speriamo di poter avere una sede. Per ora non vi è nessuna certezza in tal senso. Stiamo provando lo spettacolo "Meat", grazie alla disponibilità dell'Assessorato alla Cultura del Comune di Benevento, al Piccolo Teatro Libertà. Ma il futuro, per quel che seguirà, è incerto."
-Nei primi mesi
del 2017 dovrebbero tenersi gli Stati generali della Cultura a Benevento. Quali
sono le proposte che porterete nel dibattito?
“Agli Stati
generali della Cultura, se ci saranno e se ci inviteranno, parteciperemo come
professionisti. E infatti io preferirei però confrontarmi, in quella sede, non solo, naturalmente, con gli amministratori, ma anche con le persone che fanno il mio
lavoro per mestiere e dunque rischiano ogni giorno sul campo, davvero. Non critico, certo, chi fa teatro per hobby, e anzi consegue risultati dignitosi. Ma solo chi vive di questo
lavoro può conoscerne davvero potenzialità e difficoltà.
Parteciperemo,
dunque, sempre con atteggiamento costruttivo, offrendo il nostro contributo di
idee (e sono tante!) e chiedendo una valida distribuzione di spazi teatrali,
perché si possano gestire e far vivere in autonomia. Vogliamo fare molto di
buono per la città. Speriamo di averne la possibilità.”