di Maria
Ricca
SAN
GIORGIO A CREMANO - Si fa presto a dire “eterno femminino”…Come se fosse facile
nascere nei panni dell’altra metà del cielo ed accettare un ruolo di
subalternità, nell’immaginario collettivo, ben sapendo di valere, per forza
interiore, ben più di quel sesso forte, tale, spesso, solo di nome…
In un
percorso teatrale a metà fra ironia e dolorosa consapevolezza, la prof.ssa Giovanna De Luca è stata, per due fine settimana
e tre messe in scena, regista ed autrice di “Questi sconosciuti”, con
Simona Pagliarulo, Alessia Musella, Tracy Morra, Teresa Maraucci, Rosanna
Fuscarini, Gaia Salzano, Giulia Morrone, Federica Pisciotta, Serena Petrucci,
Camilla Imperato (anche aiuto regista), Geraldino Mandragora, Emanuele
D’Arienzo, Vitaliano Ruocco, Francesco Napolitano, Manuel Cosenza, Riccardo
Mugavero.
Ed ha
riportato in scena i suoi “Ragazzi” de “La Casa di Alessandra”, nel teatro
della sede, offrendo agli spettatori una briosa rivisitazione dei luoghi comuni
su entrambi i sessi.
La regia
, unendo sapientemente coreografie coinvolgenti a motivi noti
e cari al pubblico, ha offerto un divertente ed appassionante spaccato
della quotidianità, in un mix accattivante, che ha conquistato gli spettatori
dalla prima all’ultima scena .
Ben si
son prestati gli attori e le attrici ad animare le scene di gruppo,
difficilissime da dirigere e realizzare con credibilità ed efficacia, se alle
spalle non c’è il conforto di studio ed esperienza.
L’appassionata
difesa del ruolo delle donne ha visto in primis l’obiettivo puntato sulle
“quote rosa”, utili solo “perché il mondo resti al maschile”, in ogni campo:
pubblicità, lavoro, medicina, persino nelle soap alla “Beautiful”…
Così,
dopo l’esordio, tutto affidato ai ragazzi, sulle note famosissime di ‘The Typewriter‘ di Leroy Anderson, rese celebri dall’irresistibile
sketch con Jerry Lewis, qui riproposto in una scena di gruppo, si è
improvvisato, con le ragazze, un balletto alla “Bollywood”, commentando le pubblicità
televisive, che esaltano il ruolo dell’uomo, mostrato sempre come invincibile o
privilegiato, quando invece è la donna che... “si spacca la schiena”!
Difficile
persino la sua prima accoglienza nella vita. Se il figlio in arrivo si
annuncia maschio, infatti, è gioia sicura per il papà e per il nonno, nella
sala d’attesa del reparto maternità. Ed è complicato, quindi, conquistarsi il
proprio posto nel mondo. Come nei primi anni, quelli fra l’infanzia
e l’adolescenza, quando “le donne, anzi le femmine (!), sono buone solo a
passare i compiti”. Qualcosa migliora nel corso degli anni, sicuramente.
Ma fino ad un certo punto.
L’età
adulta è quella dell’assunzione delle responsabilità ed anche qui, sempre
vincenti risultano le donne, che sono (o sembrano?) più serie, più mature, più
disposte al sacrificio.
Nessun
difetto, dunque? Tutt’altro.
Innanzitutto
la tendenza ad idealizzare troppo proprio l’altro sesso, complici certi romanzi
Harmony, che dipingono il partner come il principe azzurro, indistruttibile ed
appassionato, pronto a soccorrere donzelle in difficoltà. Un “Ken” sbruffone e
compiaciuto di se stesso (irresistibile il suo intervento danzato in scena!), a
cui una sfaccendata e superficiale “Barbie” fa da utile contorno.
Ma la
colpa più grande delle donne è soprattutto quella di non riuscire a fare
quadrato, cosa nella quale, invece, benissimo riescono gli uomini, e di
preferire il “gossip” e le malignità ad uno scontro diretto e serrato, ma leale.
Sì,
certo, conclude l’autrice-regista: “Noi donne abbiamo più sfaccettature del
cubo di Rubik!”
Ma siamo
pur quelle che muovono il mondo e tramandano la vita. E, se al Ministero
della Difesa, in tutto il pianeta, ci fossero solo donne, invece che uomini,
forse si farebbero meno guerre.
La
violenza è condannabile, senza se e senza ma, tanto più lo è quella vigliacca e
vergognosa nei confronti delle donne.
Amarle
vuol dire soprattutto rispettarle e dar loro la considerazione che meritano.
Si è
chiuso con un messaggio di speranza e di fiducia in un domani diverso, per i
rapporti fra l’aspetto maschile e quello femminile del mondo.
Un
messaggio cantato a squarciagola, liberamente e con entusiasmo, grazie alle
parole di Fabrizio Moro e della sua “Alessandra sarà sempre più bella”. Un inno
ideale alla vita, nel segno della presenza ideale ed affettuosa
dell’indimenticabile e coraggiosa studentessa a cui le attività della “Casa”
sempre si ispirano. Applausi e commozione, infine. E la voglia di tornare ad
emozionarsi ancora.