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09/09/21

CAMPANIA TEATRO FESTIVAL 2021 - L'urlo di dolore di Marina Otero, tra finto cinismo e vero disincanto

 


di Maria Ricca

NAPOLI - Un potente, drammatico urlo di dolore, racchiuso nella ossessiva plasticità dei corpi nudi che popolano la scena teatrale e l’immaginario di Marina Otero, danzatrice, performer, coreografa argentina, novella Frida Khalo quasi, in quella sofferenza a cui lei non si arrende, affidando ai suoi alter ego (tutti maschi, tutti “Pablo”), il testimone della sua arte. 

A lei il compito di introdurre, con “Fuck me”,  la seconda tranche del Campania Teatro Festival-sezione internazionale, al Politeama, diretto a Napoli da Ruggero Cappuccio, autore, regista, drammaturgo. 

Costretta a movimenti essenziali dalla sua patologia alle vertebre, rifiuta ogni stereotipo di bellezza interiore, fa strage di ogni finto buonismo e si propone al pubblico  quale ella è, senza veli, né esteriori, né interiori. 

Ne vien fuori una pièce forte, terza parte di una trilogia iniziata con "Andrea" e proseguita con “Se rappeler 30 années pour vivre 65 minutes”, che gli spettatori possono seguire in lingua originale, o con i sottotitoli in alto, in Italiano, in cui Marina ripercorre la propria esistenza, dagli esordi, alle emozioni, a quelle coreografie e movimenti forti che le sono costati l’immobilismo. 

La sua corporeità è inscindibile dall’anima, che danza, attraverso i propri desideri fisici e spirituali sulla scena, nelle prorompenti nudità dei ballerini ed infine anche nella sua, asciutta e ancora bellissima, nonostante l’invalidità. 

Quando le parole non bastano – dice -  il corpo riempie. L’opera si colloca in quello spazio tra corpo e parola, tra ciò che c’è e ciò che manca, tra ciò che percepiamo consapevolmente e ciò che è incomprensibile". 

 Marina, come Frida, dunque,  non si arrende al destino e va in scena comunque e quantunque, contro ogni stereotipo, in nome della vita, che  va, deve andare avanti. Ma senza falsi miti e nel più completo disincanto. 

Lo spettacolo, struggente, è stato accolto dagli spettatori in un misto di stupore per le immagini forti e commozione per il messaggio trasmesso, e vissuto in  un liturgico silenzio, rotto alla fine dagli applausi.