Al "FaziOpen Theater", diretto da Antonio Iavazzo
di Maria Ricca
CAPUA - Mariti
e mogli. Compagni di una vita, allietata e responsabilizzata dalla nascita di
figli, o appena uniti in matrimonio, dopo
mille incertezze, confluite poi nella decisione di legarsi “per sempre”, vivendo
poi felici e contenti…Che la famiglia del Mulino Bianco sia solo una fantasia
tra le più ingannevoli (e perciò perfide!) della storia recente non è più un mistero per
nessuno, ma che si possa vivere e coltivare vizi e virtù all’insaputa della propria
metà, continuando in superficie a vivere come se nulla fosse, sembra
irragionevole a più. E di fatto lo è. Ma basta una scatoletta nera, alias
smartphone, a rivelare, nemmeno tanto
freudianamente, la nostra vera natura, attraverso messaggi, messaggini e telefonate
che ci tormentano e deliziano ad ogni ora del giorno e della notte.
E così, con molto coraggio e consapevolezza, l’ Associazione “Il Colibrì” di Sant’Arpino, ha riletto trama e temi del del film che nel 2016 sbancò il botteghino, quel “Perfetti sconosciuti”, a firma di Paolo Virzì, illuminante per le menti sui rischi del lasciare alla mercè degli altri il proprio cellulare, come dire la propria “coscienza”, con tutte le conseguenze del caso. Titolo dell’allestimento “SCONOSCIUTI” - Io che qui sto morendo e tu che mangi il gelato”, sulla scia dei versi della canzone di Lucio Dalla, proposto nell’ambito della rassegna “FaziOpenTheater”, al Palazzo Fazio di Capua, diretta dall’autore e regista Antonio Iavazzo e promossa dalla stessa Associazione.
La storia ruota attorno alle vicende che si susseguono
durante una cena tra amici apparentemente tranquilla, che si anima quando si decide
di ascoltare e leggere ogni messaggio o telefonata che arrivi durante il
pasto, per sconfessare l’assunto che ogni coppia “scoppierebbe” se conoscesse i
contenuti del cellulare dell’altro. E, invece, “scoppiano” tutti.
In
scena Luigi De Sanctis, che ha firmato anche l’adattamento e la regia dell’opera,
Angela Setaro, Alessia Tescione, Chiara Russo, Vincenzo Di Marco, Antonio
Geniale, Mario Di Fraia. Partecipazione amichevole di Pino
L'Abbate, Pierpaolo Esposito, Rosalba Ciliento, Fabiana Vinciguerra, Giuseppe Greco, Gianni Arciprete, Giulietta Setaro, Bartolomeo Setaro.
Una
regia accorta e molto consapevole delle dinamiche spaziali e delle giuste
interazioni fra i personaggi ha offerto una gustosa reinterpretazione del
successo cinematografico, senza cedere a cali di ritmo e andando più a fondo,
grazie alle caratteristiche proprie del mezzo teatrale, nell’animo dei
personaggi rappresentati. Studiati, peraltro, dagli attori in scena, fin nei
minimi dettagli, per rendere di volta in volta il dramma della gelosia, che
sottende a tutte le relazioni e la complicità tra sessi, che non è immune, però, ai pregiudizi, quando si paventa la
possibilità che uno dei protagonisti sia gay, alla faccia di tutte la
liberalità dimostrata a parole. Un’abilità nel calarsi nelle diverse personalità,
che ha sfiorato l’identificarsi davvero in esse (volutamente si sono conservati
i nomi degli attori per i personaggi, e campani, come i protagonisti, sono
tutti i luoghi citati), offrendo verità alla rappresentazione, nei gesti, nelle
risate, nelle espressioni del volto, nella modulazione della vocalità e degli
scambi intensi di battute. Tecniche per
tenere col fiato sospeso gli spettatori fino all’ultimo, senza favorire cali di
interesse o noia, fino a quando si comprende che è stato tutto un immaginare ed
un immaginarsi in determinate situazioni, e che di vero, probabilmente, non c’è
mai stato niente.
Uno
spettacolo che ha richiesto un anno intenso di incontri per l’allestimento, e che
è costato non pochi sacrifici, pronto a spiccare il volo per altri palcoscenici,
forte degli applausi e del consenso ricevuti, culminati nel confronto positivo
tra attori e spettatori, seguito alla performance, in un faccia a faccia, emozionante
per gli stessi interpreti e per il
pubblico. Segno distintivo di una
rassegna, giunta ormai all’undicesima edizione, che ha resistito in periodo di
Covid e di conseguenti difficoltà organizzative, per l’entusiasmo dei promotori
e per la voglia di continuare a trasmettere emozioni e cultura, attraverso il
mezzo più immediato di confronto con la platea, che è e resta il teatro.