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09/05/22

TEATRO - L'Associazione "Il Colibrì" porta in scena "Sconosciuti", tra vizi privati e pubbliche virtù

 


Al "FaziOpen Theater", diretto da Antonio Iavazzo

di Maria Ricca

CAPUA - Mariti e mogli. Compagni di una vita, allietata e responsabilizzata dalla nascita di figli,  o appena uniti in matrimonio, dopo mille incertezze, confluite poi nella decisione di legarsi “per sempre”, vivendo poi felici e contenti…Che la famiglia del Mulino Bianco sia solo una fantasia tra le più ingannevoli (e perciò perfide!)  della storia recente non è più un mistero per nessuno, ma che si possa vivere e coltivare vizi e virtù all’insaputa della propria metà, continuando in superficie a vivere come se nulla fosse, sembra irragionevole a più. E di fatto lo è. Ma basta una scatoletta nera, alias smartphone, a rivelare,  nemmeno tanto freudianamente, la nostra vera natura, attraverso messaggi, messaggini e telefonate che ci tormentano e deliziano ad ogni ora del giorno e della notte.


E così, con molto coraggio e consapevolezza, l’ Associazione “Il Colibrì” di Sant’Arpino, ha riletto trama e temi del del film che nel 2016 sbancò il botteghino, quel “Perfetti sconosciuti”, a firma di Paolo Virzì, illuminante per  le menti sui rischi del lasciare alla mercè degli altri il proprio cellulare, come dire la propria “coscienza”, con tutte le conseguenze del caso. Titolo dell’allestimento “SCONOSCIUTI” - Io che qui sto morendo e tu che mangi il gelato”, sulla scia dei versi della canzone di Lucio Dalla, proposto nell’ambito della rassegna “FaziOpenTheater”, al Palazzo Fazio di Capua, diretta dall’autore e regista Antonio Iavazzo e promossa dalla stessa Associazione.

La storia ruota attorno alle vicende che si susseguono durante una cena tra amici apparentemente tranquilla, che si anima quando si decide di ascoltare e leggere ogni messaggio o telefonata che arrivi durante il pasto, per sconfessare l’assunto che ogni coppia “scoppierebbe” se conoscesse i contenuti del cellulare dell’altro. E, invece,  “scoppiano” tutti.

In scena Luigi De Sanctis, che ha firmato anche l’adattamento e la regia dell’opera, Angela Setaro, Alessia Tescione, Chiara Russo, Vincenzo Di Marco, Antonio Geniale, Mario Di Fraia. Partecipazione amichevole di  Pino L'Abbate,  Pierpaolo Esposito,  Rosalba Ciliento,  Fabiana Vinciguerra,  Giuseppe Greco,  Gianni Arciprete, Giulietta Setaro,  Bartolomeo Setaro. 

Una regia accorta e molto consapevole delle dinamiche spaziali e delle giuste interazioni fra i personaggi ha offerto una gustosa reinterpretazione del successo cinematografico, senza cedere a cali di ritmo e andando più a fondo, grazie alle caratteristiche proprie del mezzo teatrale, nell’animo dei personaggi rappresentati. Studiati, peraltro, dagli attori in scena, fin nei minimi dettagli, per rendere di volta in volta il dramma della gelosia, che sottende a tutte le relazioni e la complicità tra sessi, che non è immune,  però, ai pregiudizi, quando si paventa la possibilità che uno dei protagonisti sia gay, alla faccia di tutte la liberalità dimostrata a parole. Un’abilità nel calarsi nelle diverse personalità, che ha sfiorato l’identificarsi davvero in esse (volutamente si sono conservati i nomi degli attori per i personaggi, e campani, come i protagonisti, sono tutti i luoghi citati), offrendo verità alla rappresentazione, nei gesti, nelle risate, nelle espressioni del volto, nella modulazione della vocalità e degli scambi intensi di battute.  Tecniche per tenere col fiato sospeso gli spettatori fino all’ultimo, senza favorire cali di interesse o noia, fino a quando si comprende che è stato tutto un immaginare ed un immaginarsi in determinate situazioni, e che di vero, probabilmente, non c’è mai stato niente.  

Uno spettacolo che ha richiesto un anno intenso di incontri per l’allestimento, e che è costato non pochi sacrifici, pronto a spiccare il volo per altri palcoscenici, forte degli applausi e del consenso ricevuti, culminati nel confronto positivo tra attori e spettatori, seguito alla performance, in un faccia a faccia, emozionante per  gli stessi interpreti e per il pubblico.  Segno distintivo di una rassegna, giunta ormai all’undicesima edizione, che ha resistito in periodo di Covid e di conseguenti difficoltà organizzative, per l’entusiasmo dei promotori e per la voglia di continuare a trasmettere emozioni e cultura, attraverso il mezzo più immediato di confronto con la platea, che è e resta il teatro.