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12/06/23

CAPUA - Nando Brusco con l'ipnotico suono di tamburi "canta" la Calabria e chiude "FaziOpenTheater". Si riparte in autunno.


di
Maria Ricca

TEATRO - E’ possibile descrivere la Calabria, terra genuina ed amara,   dalle mille sfaccettature, marina e montana insieme, simbolo di forza e di asprezza, di veracità e testardaggine, con l’ausilio di sei tamburi “adulti” più uno “piccirillo”? Si può, se a renderli “umani”, nella loro capacità espressiva, è Nando Brusco, cantastorie originale calabrese, musicista impegnato, ricercatore appassionato delle proprie radici, protagonista dell’ultimo appuntamento con la stagione 2022-2023 del cartellone del Fazio Open Theater, rassegna nazionale di teatro, danza e arti performative, promossa col patrocinio del Comune di Capua nell’omonimo storico palazzo. Un cartellone costruito “con pochi mezzi, ma con grandi idee”, come ha tenuto a sottolineare Antonio Iavazzo, direttore artistico, mente ed anima del progetto, con Gianni Arciprete, Beatrice Baino, Michele Di Siena, Mariantonietta Ruotolo, nei vari ruoli di staff, che ha tenuto incollati alle sedie di Palazzo Fazio, nel corso dell’inverno, gli appassionati del genere teatrale e del suo profondo ruolo educativo e formativo.


Nell’ultimo spettacolo, dunque, “Tamburo è voce…Battiti di un Cantastorie”,  perfettamente in linea con lo spirito della rassegna e molto applaudito dalla platea, Nando Brusco, emergendo dal buio, in vesti nere, a piedi nudi,  ha affidato alla propria accattivante sapienza narrativa e  a ciascuno dei suoi  “figli” tamburi,  il compito di aiutarlo a descrivere la sua Calabria. La maestrìa dell’artista è valsa a raccontare, attraverso l’esatta modulazione dei suoni dello strumento con le sue agili dita, innanzitutto le vicende dei marinai, che il giorno di San Giovanni, il 24 giugno, giuravano fedeltà al proprio capo-ciurma ed affrontavano le incognite del Mare, fonte di sostentamento e potenzialmente di distruzione, animato di vita propria, simbolica, come l’avrebbe immaginata Coleridge, nella sua “Ballata”.


La narrazione si è spostata, poi, a Capo Zèfiro, segnato dal Vento di Ponente, narrando delle Donne d’Oriente e del Culto di Persèfone. La Calabria è rappresentata come una donna, una magàra , ed ipnotico si è fatto il ritmo dei tamburi.

Ma non è solo mare la Calabria, è la terra di Corrado Alvaro, quella arida di “stoppie e spine, dove la gente cresce gagliarda e le donne specialmente sono ardite, facili all’amore e all’inganno, ma lavoratrici infaticabili ed eroiche”.  Pane e lavoro vorrebbero i contadini calabresi e ne avrebbero diritto, ma è impresa impossibile, come dimostrerà la strage di Melissa, quel terribile 29 ottobre 1949. Non resta che emigrare, dunque: “ ’A mà – dicono i ragazzi -  Io me ne vaco, ‘ca pe mme nun c’è nnenti ccà”. Quattro milioni lasciarono, così,  la propria terra, per andare al Nord, in Germania, ma anche in Sudamerica. Il ritmo si è fatto coinvolgente ed accattivante.

Infine si è giocato con le filastrocche e gli indovinelli delle nonne calabresi, intrattenimento dei bimbi di un tempo, che Nando Brusco ha sciorinato con un’invidiabile perizia linguistica, fra gli applausi del pubblico.

Gli spettatori sono rimasti, poi, con lui, a fine spettacolo, secondo l’uso della rassegna, a commentare la performance, ad investirlo di domande, tra il colto e l’ironico, per sapere dei suoi esordi, delle sue ricerche, del suo futuro.  

In chiusura il canto d’inizio, la “Strina”, si è fatto canto di saluto agli intervenuti. Ed è stata infatti ancora l’ultima tammorra di Nando Brusco a dare l’appuntamento al prossimo anno, con una leggerezza che ha avuto il sapore di una promessa artistica. Quella che si concretizzerà, a breve,  in autunno, nel nuovo cartellone del “Fazio Open Theatre”.