20/02/24

CAPUANOVA - Antonio Iavazzo presenta "L'Incontro", "estasi mistica" di un amore perduto, che si fa coralità universale


di Maria Ricca

TEATRO - Una coppia “scoppiata”. La voglia di rivedersi, di comprendere i perché di una sconfitta, in un’analisi impietosa che approfondisce il solco della tremenda frattura. Perché dunque infliggersi questa tortura, se non vale a ricostituire l’armonia fra due persone che hanno immaginato di poter percorrere  la propria strada insieme? E’ un male “necessario”, probabilmente, per chiudere i conti con il passato, nel modo più doloroso, ma più efficace. Sono i temi de “L’incontro” di Antonio Iavazzo, nuova interessante produzione dell’autore e regista campano (aiuto regista Chiara Russo, organizzazione generale di Gianni Arciprete, Audio e Luci a cura di Giovanni Guarino e Antonio Ferraro), a Palazzo Fazio di Capua, dove è in corso, col patrocinio del Comune,  la rassegna nazionale di teatro, danza, arti performative,  “FaziOpen Theater”, com’è noto, promossa in maniera indipendente.

Liberamente tratto da “La cerimonia” di Giuseppe Manfridi, il testo ha piuttosto il sapore di una vera e propria reinterpretazione della “folié a deux” degli amanti in scena, che qui  si moltiplica in volti e voci nella pluralità degli interpreti, di diverse età e nazionalità, mescolati tra il pubblico a rappresentare l’universalità della vicenda trattata. Tutti molto ispirati ed eleganti (si trattava di “Una cerimonia”, dopotutto) gli attori Rosalba Ciliento, Giulio De Riso, Mario Di Fraia, Valeria Giove, Licia Iovine, Gennaro Marino, Giusy Petrone, Chiara Russo, Elio Vagliviello, Antonio Villano, Salvatore Zappulo e Daniela Ziello.

Un effetto stereofonico, quello delle sonorità intrecciate dagli interpreti, che, dopo un primo momento di voluto spaesamento, trasforma l’iter narrativo in una sorta di dramma radiofonico, quando il pubblico rinuncia a concentrarsi sulla fisicità dei personaggi, per lasciarsi catturare dalle spire del racconto. Un “singhiozzo” collettivo, alternato al grottesco di una storia dai toni acuti ed insopportabilmente amari, che si addolcisce solo un po’ quando i due, per un attimo, sembrano ritrovare l’intesa perduta. Ma il loro rinnovato idillio è solo l’ennesimo, ultimo atto del percorso perverso che compiono insieme: i due si chiudono nella propria gabbia dorata e chiudono il  mondo fuori, smettendo di uscire, di incontrare chiunque, persino il fratello di lei, ammalato e nevrotico, avvolgendosi in una sorta di estasi mistica, che prevede il buio e la mancanza d’acqua e di cibo, avendo smesso di pagare le bollette, per cibarsi, in sostanza.. di se stessi.

Una partita a due, in cui la realtà supera la fantasia, e si avvicina, infatti, incredibilmente, a certi episodi di cronaca anche recente,  e che non può che concludersi, simbolicamente, in un ultimo, drammatico lancio di dadi. Tutto è deciso, tutto deve compiersi. Resta solo da capire a chi toccherà per primo por fine alla storia. Ed è lei, quindi, che per mano di lui, come nel più classico degli omicidi-suicidi, si lascerà avvolgere intorno al collo un simbolico cappio rosso, per sciogliere nel sangue il proprio tormento. Lui la seguirà a breve…Oppure no?

Alla fine della due giorni di prime rappresentazioni, come sempre, il regista Iavazzo ha risposto alle domande degli spettatori, nel consueto, proficuo dibattito di fine performance che vale a chiarirne i temi, ma anche a ripercorrere insieme le emozioni provate.