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14/09/14

BENEVENTO - Mariano Rigillo, ieratico ed ispirato, rende omaggio ad Eduardo, in "Napoli nella tempesta"

di Maria Ricca

Ieratico, ispirato,  spirituale, si direbbe, Mariano Rigillo ha offerto ancora una volta una performance suggestiva  ed elegante sabato 13, al Teatro Romano, ennesimo suo appuntamento con “Benevento Città Spettacolo”. Un destino lo unisce al Festival, che lo ha visto interpretare i copioni ed i personaggi più disparati, attraversando le diverse direzioni artistiche fino ad assumerne una sua propria, nel lontano 1994, in un progetto non dimenticato, con giovani attori provenienti soprattutto dalla Campania.
All’omaggio al Maestro Eduardo, a trent’anni dalla sua morte, non si è sottratto, quindi, l’artista partenopeo, che, infatti, ha presentato, dopo l’esordio a Napoli della settimana scorsa, la sua versione di “Napoli nella tempesta”, l’opera che il già anziano drammaturgo volle presentare, parafrasando Shakespeare in una lingua antica e forte, piena di splendide sonorità.
Un’orchestra di musicisti ed interpreti sopraffini ha accompagnato Mariano Rigillo nel suo percorso di letture drammatizzate, attraverso le vicende del Mago Prospero, che determina, attraverso lo spiritello Ariel,  la “Tempesta” in cui naufragano i nobili che anni prima lo allontanarono da Milano. Fra loro il bel principe di Napoli Ferdinando, che nella versione shakespeariana poi sposerà Miranda, l’adorata figlia del Mago.
 Ma tutte le vicende narrate dal drammaturgo inglese sono rimaste qui solo sullo sfondo, appena appena accennate. Su tutto, invece, accanto all’interpretazione di Rigillo,  diretto da Bruno Garofalo, la straordinaria performance dell’orchestra e soprattutto delle sue voci, nell’esecuzione delle musiche di Antonio Sinagra.
Buoni comprimari, il fosco Calibano, il mostro , l’esuberante Ariel, la dolcissima Miranda. Interpreti, accanto a Rigillo,  Madeline Alonso, Chiara Baffi, Lalla Esposito, Lello Giulivo e Antonio Murro
In apertura la voce di Anna Teresa Rossini, a ricordare le parole di Eduardo, il 15 settembre 1984 (morirà un mese e mezzo dopo), al Teatro di Taormina, in un dichiarazione-testamento sulla vita di sacrifici e di gelo dedicata al Teatro, supremo trono dell’arte, che è festa, è cuore  che batte, è passione infinita, trasmessa e condivisa dall’amatissimo figlio Luca.
In chiusura, è lo stesso Rigillo, naturalmente, a ricordare, con le parole del Bardo, riprese dal drammaturgo partenopeo, il senso vero dell’arte del palcoscenico, incanto che ogni volta nasce e muore e poi si rinnova. Giacché i personaggi delle storie, si sa, “sono fatti della stessa materia di cui sono fatti i sogni..”