di Maria Ricca
Ieratico, ispirato, spirituale,
si direbbe, Mariano Rigillo ha offerto ancora una volta una performance suggestiva ed elegante sabato 13, al Teatro Romano,
ennesimo suo appuntamento con “Benevento Città Spettacolo”. Un destino lo
unisce al Festival, che lo ha visto interpretare i copioni ed i personaggi più
disparati, attraversando le diverse direzioni artistiche fino ad assumerne una
sua propria, nel lontano 1994, in un progetto non dimenticato, con giovani
attori provenienti soprattutto dalla Campania.
All’omaggio al Maestro Eduardo, a trent’anni dalla sua
morte, non si è sottratto, quindi, l’artista partenopeo, che, infatti, ha
presentato, dopo l’esordio a Napoli della settimana scorsa, la sua versione di “Napoli
nella tempesta”, l’opera che il già anziano drammaturgo volle presentare,
parafrasando Shakespeare in una lingua antica e forte, piena di splendide
sonorità.
Un’orchestra di musicisti ed interpreti sopraffini ha
accompagnato Mariano Rigillo nel suo percorso di letture drammatizzate, attraverso
le vicende del Mago Prospero, che determina, attraverso lo spiritello Ariel, la “Tempesta” in cui naufragano i nobili che
anni prima lo allontanarono da Milano. Fra loro il bel principe di Napoli Ferdinando,
che nella versione shakespeariana poi sposerà Miranda, l’adorata figlia del
Mago.
Ma tutte le vicende narrate
dal drammaturgo inglese sono rimaste qui solo sullo sfondo, appena appena
accennate. Su tutto, invece, accanto all’interpretazione di Rigillo, diretto da Bruno Garofalo, la straordinaria
performance dell’orchestra e soprattutto delle sue voci, nell’esecuzione delle
musiche di Antonio Sinagra.
Buoni comprimari, il fosco Calibano, il mostro , l’esuberante
Ariel, la dolcissima Miranda. Interpreti, accanto a Rigillo, Madeline Alonso, Chiara
Baffi, Lalla Esposito, Lello Giulivo e Antonio Murro
In apertura la voce di Anna Teresa Rossini, a ricordare le
parole di Eduardo, il 15 settembre 1984 (morirà un mese e mezzo dopo), al Teatro di Taormina, in un
dichiarazione-testamento sulla vita di sacrifici e di gelo dedicata al Teatro,
supremo trono dell’arte, che è festa, è cuore
che batte, è passione infinita, trasmessa e condivisa dall’amatissimo
figlio Luca.
In chiusura, è lo stesso Rigillo, naturalmente, a ricordare,
con le parole del Bardo, riprese dal drammaturgo partenopeo, il senso vero dell’arte
del palcoscenico, incanto che ogni volta nasce e muore e poi si rinnova.
Giacché i personaggi delle storie, si sa, “sono fatti della stessa materia di cui sono fatti i
sogni..”