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11/02/13

Incontro con Alessandro Casola, drammaturgo e attore, autore di un'opera sulla famosa celebrazione " 'A festa 'e Sant'Antuono" e la "pastellessa", per raccontare la tradizione nel segno della modernità



di Maria Ricca

Alessandro Casola, attore e commediografo, ha lavorato in compagnie teatrali prestigiose, quali quelle di Carlo Giuffré, Geppy Gleijeses e la compagnia stabile del teatro Sannazaro di Napoli. Ha scritto finora 20 commedie, 3 atti unici, 26 scheck e alcuni pezzi di cabaret. Alcuni suoi sketch sono stati inseriti in una trasmissione televisiva condotta da Maria Teresa Ruta e recitati dalla stessa e dall'autore. Ha scritto l’opera teatrale “ ‘A festa ‘e Sant’Antuono”, per raccontare la storia della nascita della tradizione della festa e della “Pastellessa”, intesa come “piatto tipico”, ma soprattutto come tradizione musicale.  

"Con Carlo Giuffré sostituii un personaggio in "Natale in Casa Cupiello", la prima versione realizzata dopo quella storica di Eduardo De Filippo. Fu una bella prova di "palestra",  in quanto in una settimana dovevo essere pronto per andare in scena, e ci riuscii. Con Gleijeses fu solo una stagione, mentre al Teatro Sannazaro di Napoli sono stato per ben tre stagioni di seguito. Lì si preparavano circa quattro spettacoli all'anno, visto che era una Stabile, poi c'erano gli spettacoli per le mattinate con le scuole, e abbiamo fatto le prove anche fino alle 4 di mattina. A volte, penso che la resistenza l'ho acquisita lì."
-Il ruolo delle scuole di recitazione, oggi così diffuse, qual è, per i giovani? Si può davvero imparare a recitare o è davvero un'abilità innata?
"La caratteristica della recitazione è innata. La scuola può solo dare delle impostazioni professionali, non può certo creare attori dal nulla, ma se già lo sei, ti può dare la professionalità per esprimerlo e commettere meno errori." 
-La riscoperta della tradizione è elemento fondamentale nella sua ricerca teatrale e sicuramente è di grande presa sul pubblico. In che modo si può, dunque,  coniugare ironia e tradizione?
"Beh, la tradizione è ironica per sua costituzione. Bisogna vedere poi per tradizione che s'intende. I giullari medievali erano comici eppure sono di tradizione. La commedia dell'arte è comica, eppure rappresenta una scuola di tradizione molto importante. Si è cercato di far pensare che la tradizione fosse qualcosa di pesante e tenerla lontana, ma se pensa che anche Shakespeare era ironico, io credo che non bisogna aggiungere più nulla."
-La comicità moderna è fondata sulla rapidità e i monologhi di rapida presa sul pubblico, piuttosto che sulla riflessione che impone il lungo percorso di una commedia. Che differenze riscontra nel preparare i due tipi di intervento?
"Per comicità moderna lei intende il cabaret e lì posso essere anche d'accordo con lei. Ma la comicità teatrale resta sempre la stessa, a meno che non si facciano operazioni di contaminazione, il che vuol dire portare il cabaret in teatro, ma non è  perché sia svolto in un teatro che il cabaret diventa teatro, resta sempre un genere autonomo, se pur interessante,  ma indipendente dal teatro e dalla comicità teatrale."
-In quale direzione si muove adesso la sua professionalità artistica, dopo aver sperimentato i tre generi, teatro, cabaret, Tv? Progetti futuri?
"Per molti anni ho svolto la professione dell'attore sia in teatro che in fiction, ora sono molto preso dalla composizione teatrale, che penso comunque rappresenti la base del mio operato. È la prima cosa che ho cominciato a fare, fin da bambino e non l'ho mai abbandonata. Dopo le varie traduzioni di alcune mie opere, si è rafforzata ancora di più questa prerogativa e penso che in questo campo svilupperò i miei progetti futuri."