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11/03/13

LA RIFLESSIONE - Otto marzo, addio!



di Pina Arfè* 

artista e scrittrice, autrice di opere letterarie e di riflessioni teoriche su questioni di semiotica e di psicoanalisi

Troppi i luoghi comuni sulla donna, ritoccati in occasioni speciali da  rifiniture intelligenti che comunque vanno a confluire nel grande fiume dell’ ovvio.
Con molta esitazione, dopo questa premessa, mi accingo a evidenziare due  punti del complesso problema    - l’assassinio -    in cui è sfociata oggi la  storica contrapposizione tra i due sessi  e tra i due ruoli. Essa, nata  probabilmente da motivazioni indispensabili alla sopravvivenza, dopo la  costruzione di un percorso liberatorio della donna, ha deviato verso fanatismi  ideologici, capaci di distruggere a loro volta quello spazio della cooperazione  e dell’interrelazione che si dovrebbe iniziare a ricostruire al più presto. L’ amore non fa parte di questo scenario.
Nella necessaria risistemazione degli equilibri, il primo punto riguarda la  malattia dell’uomo, inteso come categoria in crisi all’interno di un sistema  che si fonda sulla dualità. Inutile sottolineare che il termine ‘uomo’ non è  riferibile alla totalità del genere.   Se la donna comincia oggi a guarire da storiche malattie inflitte da uno  squilibrio cieco fondante il rapporto di coppia, è proprio oggi che l’uomo, non  possedendo più la sua antica identità, distrutta dall’assestamento di quella  femminile, non è riuscito ancora a sostituirla con altre forme dell’essere, più  adatte al tempo che vive. Tale privazione lo rende invisibile a se stesso,  inducendolo a obbedire alla violenza come unico sostituto di garanzie  pregresse. In questo modo perde un’occasione che la vita gli ha offerto:  approfittare del ‘vuoto’ come unica possibilità di reinventarsi. Ma il soggetto  omicida non ha messo a fuoco il senso di questa perdita. Continua a percepire  il terrore di perdere se stesso. Nel suo teatro interiore i personaggi sono  forze assolute che gli sussurrano che l’agente del suo male è la donna, perché  è nel territorio della coppia che avviene il gioco delle parti. Esso proclamerà  un vincitore, mentre ad assistere è il mondo intero.
Il secondo punto riguarda la doppia esistenza vissuta fino a oggi dalla  donna, quella di essere umano e quella di immagine diffusa dai media estesi,  che la trasformano da essere umano complesso in ‘immagine’, cioè in un sistema  sensibile e percettibile, che vive al di là del corpo, come una sorta di  trascendenza sensoriale. Il medio che la crea consiste in uno spazio intermedio  tra corpo e spirito, un ‘fuori’, per cui la visibilità di una cosa è separata  dalla cosa stessa. Questa dimensione diventa, agli occhi dell’uomo malato, un  abito indossato dalla donna come una seconda pelle, che le conferisce fattezze  fantasmatiche capaci di innescare i suoi deliri. “Esso possiede il primato  della sensazione e della percezione sulla coscienza. La vita sensibile,  infatti, esiste prima dell’esistenza di ogni organo percettivo”, non è  custodita nella struttura dei corpi organizzati, perché la sua fisiologia è  anche extracorporea, extramentale, extrasoggettiva.
   L’immagine diventa “L’essere della conoscenza in atto fuori dal soggetto:  una sorta di inconscio oggettivo“ (E.COCCIA) che, anche se non rappresenta un modo del soggetto, resta anteriore ad ogni psichismo. Il suo potere viene esercitato a livello cognitivo. L’esistenza delle forme, infatti, entra nella  realtà dell’esperienza, ma in una forma non psicologica e non oggettiva. L’uomo  frustrato vede nella sua donna un insieme percettibile privo di umanità. La sostituzione di questa conoscenza primaria alle altre due precedenti,  nella mente di alcuni uomini, crea un ‘doppio immaginale’ che li estromette  totalmente dalla realtà, serrandoli in una stretta paranoide    - una monade  senza finestre -     che li nutre di tensione e di aggressività, assolutamente  invisibile al suo occhio cieco.   Il ‘doppio immaginale’ viceversa, se utilizzato come elemento di nuove  relazioni mentali, costituisce un arricchimento per la creazione di quelle trasparenze e di quelle sfumature, che rendono più complessa ogni forma di  conoscenza.