Di Mare ed El Kozeh |
Il giornalista Franco Di Mare, al Museo del Sannio di Benevento, racconta la sua opera con la scrittrice Pedicini, il regista Vestoso ed il cantautore Coppola, “esegeti” d’eccezione
di Maria Ricca
Tre lettori d’eccezione sabato 11 aprile, al Museo del
Sannio, per raccontare “Il caffè dei miracoli”, di Franco Di Mare, impegnato a
Benevento in un piacevolissimo “tour de force”
per portare in città la propria
esperienza professionale ed emotiva. Dopo l’incontro mattutino all’Unifortunato,
in cui si è discusso di web e comunicazione, il conduttore di Uno Mattina, invitato
ad accomodarsi in prima fila da Jean
Pierre El Kozeh, organizzatore con la sua Mediart, dell’evento, per un sodalizio
col giornalista che dura da almeno dieci anni, ha ascoltato gli interventi dei
suoi “mèntori” sanniti, giovanissimi ed attivi nel settore letterario, cinematografico e musicale. “Perché i romanzi – ha confermato El Kozeh all’inizio
dell’incontro, promosso dai Lions Club Benevento
Host ed introdotto dal presidente Antonio Lonardo, al pianoforte Antonello Rapuano – una volta
scritti, appartengono a chi li legge ed è quindi giusto che vengano commentati
e diffusi dal pubblico, più che dagli stessi autori.” Un’idea vincente, che ha
consentito agli intervenuti, tantissimi, in una sala gremita all’inverosimile,
di godere appieno delle varie fasi della serata, senza accusare noia e cali di
ritmo. E’ toccato così ad Isabella Pedicini rompere il ghiaccio ed iniziare a
raccontare di Bauci, la cittadina immaginaria in cui è ambientata la vicenda
narrata nel libro, dove, all’improvviso vien posta una statua di Botero, l’immaginaria
“Maya Tropical”, donna senza veli,
formosa e attraente, il cui volto è rivolto al mare, laddove il lato B, invece,
è prospiciente la Chiesa del paese. Un’opera d’arte discussa da tutti, sia da
chi l’apprezza incondizionatamente, sia da chi, invece, ne contesta forme e
significati,
auspicandone la rimozione, perché peccaminosa ed indecente. C’è
spazio per i ricordi letterari della Pedicini, su tutti quelli delle
metamorfosi ovidiane di Filemone e Bauci e per “La città invisibile” di Calvino,
ove gli abitanti vivono su palafitte, per guardare dall’alto la terra e non
lasciarsi da essa coinvolgere. Ed è ancora una volta il punto di vista
femminile sulla realtà che si rivela vincente e non cinico, come quello dei “maschi”
del paese, ha confermato la Pedicini, per “un romanzo che rappresenta l’effetto
della bellezza sugli esseri umani”, scritto peraltro da un giornalista come Di
Mare, già inviato di guerra, che per una volta, “si è concentrato su una storia
di pace, senza tempo, mettendo da parte l’orrore e la bruttezza, per concedersi
alla bellezza.” Quella della “novità”, che impatta sulla vita della provincia –
ha poi sottolineato il regista Valerio Vestoso, sconvolgendola e dominandola.
Proprio come ne “L’uomo delle Stelle” di Tornatore, o nel “Postino” di Troisi,
dove la “poesia” è il nuovo che affascina la giovane Beatrice e stupisce la
zia, troppo attaccata alla cruda esperienza della sua vita, per comprendere la purezza di quel sentimento.
Ma il "nuovo" che spaventa è anche la diversità dell’”arte contemporanea” su cui argutamente si
interrogano il portiere Salvatore ed il netturbino Saverio, con il professor
Bellavista, nel film di De Crescenzo, meditando su alcune “ceramiche d’autore”. Contributi filmici
proposti al pubblico da Vestoso. Infine, l’intervento di Fabrizio Coppola,
milanese di sangue meridionale, ormai naturalizzato beneventano: “Un romanzo,
quello di Franco Di Mare – ha detto – tutto sull’accettazione di un cambiamento. Ed
è insopportabile la pretesa di chi vorrebbe, in nome della paura del nuovo – fermare
ogni progresso, anziché abbracciare quelle novità che potrebbero dare utile
slancio e fare la differenza, soprattutto per le piccole realtà come quella
descritta e come la stessa Benevento, che, se le accogliesse, potrebbe davvero
fare la differenza, in nome della qualità della vita, con le città più grandi. “Perché
– ha chiuso, citando John F. Kennedy – occorre smettere di chiedersi cosa il Paese
possa fare per noi e cercare di capire cosa noi possiamo fare per il Paese.” In chiusura, Di Mare: “Ho scoperto cose del mio libro,
ascoltando i giovani “esegeti” – ha concluso – che io stesso non immaginavo e
questo perché, nella lettura, ognuno si confronta con i propri background culturali.”
La scrittura del romanzo ha richiesto all’Autore una certa versatilità
per l’immedesimarsi nei panni dei diversi personaggi che commentano l’accaduto.
Dall’adolescente inquieta col piercing, alla donna matura ed
intelligente, dall’anziano tutto d’un pezzo al giovane allegro e
superficiale. Ed a proposito dell’accoglimento riservato alle novità, “è
vero – che nei piccoli centri c’è grande resistenza al cambiamento, come
conferma il sociologo Domenico De Masi, le cui idee
innovative sono state guardate, persino nella magica Ravello, con sospetto, e che
sono sempre soprattutto le donne le prime ad aprirsi
alla rinascita. Ne ho avuto testimonianza quando ero inviato di guerra: le rose
migliori erano quelle che nascevano sulle macerie, e solo gli uomini
innamorati, quindi più inclini, in quel momento, ad una certa dimensione “al femminile”, si aprono, poi, al progetto. Insomma il mio libro – ha concluso Di
Mare – è dedicato alle donne e al loro coraggio di cambiare.”
Il presidente Lions Lonardo |
La scrittrice Isabella Pedicini |
Il regista Valerio Vestoso |
Il pubblico intervenuto |