di Maria Ricca
LIBRI - Ancora una serata speciale per l’Associazione Arcimovie del
quartiere Ponticelli, estrema periferia nord-est di Napoli, presidio di
legalità da trent’anni ormai, con le sue iniziative di carattere
socio-culturale.
La sede di via Purgatorio ha ospitato , infatti, i finalisti
del Premio Napoli, edizione 2019, Giulio
Cavalli, attore, drammaturgo, scrittore, regista teatrale e politico, Maria
Pace Ottieri, scrittrice e giornalista, e
Andrea Pomella, scrittore, interpreti letterari
dei loro percorsi di “viaggio” reali e metaforici, così diversi fra loro e così ugualmente
avvincenti, attraverso realtà che finiscono per divenire profondamente
emblematiche.
In apertura vi è stato l’intervento del l’assessore alla VI Municipalità Ippolito Braccini, che ha
ringraziato l’Arcimovie per il proprio impegno al servizio del territorio, “in
un periodo – ha detto - in cui i limiti delle istituzioni sono evidenti e molto
si fa proprio grazie all’associazionismo”.
“Non un salotto élitario, dunque, quello della struttura, ma
piuttosto un luogo di condivisione”, come ha tenuto ha ricordare il presidente
della Fondazione Premio Napoli Domenico Ciruzzi, “creato in funzione del
pubblico, nel segno di quella crescita culturale indispensabile, che si
realizza solo attraverso l’interazione fra centro e periferia.”
L’appuntamento di Ponticelli, infatti, è stato l’ultimo dei
momenti di incontro a cui il trio dei finalisti ha partecipato sul territorio
partenopeo, dopo essersi confrontati in dibattito con studenti e docenti al
Liceo “Imbriani”, e detenuti , presso la
Casa Circondariale di Secondigliano.
“Domande diverse, prospettive diverse, persone diverse ogni
volta”, ha sottolineato il
vicepresidente della Fondazione “Premio Napoli”, Alfredo Contieri. Un unico filo conduttore: la varia umanità.
Quella che è altresì al centro della “proposta culturale dell’Arcimovie, che
insiste su una periferia sempre difficile, in cui si cerca di fare cultura
attraverso il cinema ed il sociale. E per questo non è scontato che il Premio
Napoli sia approdato anche in questa periferia, a testimonianza della voglia di
offrire sempre nuovi ed interessanti spunti ad un territorio problematico, dove
però c’è davvero tanta voglia di fare.“, ha concluso il presidente di Arcimovie
Roberto D’Avascio.
In sala appassionati,
studiosi e giudici popolari del Premio Napoli, che hanno letto e commentato i
libri, prima di intervenire all’incontro.
Ad introdurre e coordinare il dibattito la professoressa Imma
Colonna, presidente del Consiglio
Direttivo di Arci Movie: “Una cifra antropologica – ha sottolineato –
quella del libro della Ottieri, autrice de “Il Vesuvio Universale”, edizioni
Einaudi, che ha compiuto nel volume il suo Grand Tour, quasi alla maniera ottocentesca,
un viaggio esplorativo nell’universo dei 700 mila abitanti, che è il territorio
vesuviano, attraversando le tradizioni
delle dimore principesche, il fascino dei casolari di campagna e l’orrore delle
strutture di cemento che popolano l’hinterland napoletano e parlando con mille
persone, allo stesso tempo orgogliose della propria storia e fataliste,
rispetto al proprio destino.”
“Che il Vesuvio possa da un momento all’altro risvegliarsi,
non è improbabile, lo sappiamo tutti – ha ricordato la Ottieri, viaggiatrice di lungo corso, che
ha raccontato la cintura partenopea con
passione e trasporto, colmando probabilmente un vuoto letterario in merito e
restituendo così anche un ‘identità ai vesuviani, che molto hanno di
particolare e di caratteristico rispetto agli abitanti del capoluogo.
Un libro che racconta una realtà a vocazione agricola e marinara,
per la quale il Vesuvio è un pericolo lontano, oppressa com’è
dall’urgenza della criminalità, della mancanza di lavoro, del disastro
ambientale. E in senso metaforico, viviamo
tutti, così, davvero, “in bilico sul cratere”,
più o meno consapevolmente.
Quindi l’intervento di Giulio Cavalli, finalista con il suo
libro “distopico” “Carnaio”, edizioni
Fandango, già autore di testi di denuncia, che lo hanno costretto a
viaggiare scortato per parecchio tempo, assesta un vero “pugno allo stomaco”
con la sua scrittura potente e suggestiva al pubblico dei lettori. Un libro
politico, di denuncia, che parte dalla realtà dei migranti morti in mare, per
denunciare in termini surreali e grotteschi (l’invasione di ondate di cadaveri
in un paesino di mare del Sud, che poi vengono usati oltre ogni umanità, come
materiale combustibile, cibo e pelle da concia)
la pericolosa china sulla quale si rischia di scivolare, anzi di
precipitare sempre più. Una riflessione complessa sul “cannibalismo” a cui
siamo giunti, rompendo ogni argine di empatia verso l’altro.
Infine , il viaggio complicato attraverso il dramma
psicologico della depressione compiuto da Andrea Pomella, ne “L’uomo che trema”,
edizioni Einaudi, in cui l’autore racconta la propria vicenda umana, senza
sconti. Una scrittura autobiografica, ma non terapeutica , condotta con gli
occhi del reportagista attraverso le macerie della propria vita. Per ritrovarsi
alla fine, appunto, di fronte ad un uomo che trema, ma vivo, in una realtà
complessa e difficile da affrontare , con pochi punti di riferimento. Il più
importante di tutti, però, è “il piccolo
filosofo”, suo figlio, nei confronti del quale lo scrittore decide di non usare
alcuna forma di reticenza, per realizzare con lui un rapporto autentico e verace .
Interventi appassionanti, quelli degli autori, che hanno
suscitato più di una domanda nel pubblico, affascinato dalle letture condotte con
sapienza e sensibilità da Luigi Migliaccio, Maria Teresa Panariello, Milena
Pugliese.
E si è così discusso sul rifiuto da parte loro
dell’etichetta di narratore tradizionale, in favore di una forma narrativa meno
consueta, ovvero il dispiegarsi di un originalissimo e personale flusso di
coscienza . Poi ci si è soffermati sul
ruolo dello scrittore, che ha il compito di denunciare i problemi della società , ma non di fornire
soluzioni, a cui solo la politica ha il dovere di pensare.
Infine la consapevolezza, da parte degli autori, di aver potuto conoscere, in diversi incontri con pubblici diversi, uno spaccato interessante del territorio
partenopeo, con la possibilità di
penetrare davvero nella realtà delle sue innegabili qualità , ma anche delle
sue infinite contraddizioni.