Nella foto Gleijeses rende omaggio a Caruso |
di Maria Ricca
NAPOLI - L’omaggio
più bello, nella sua Napoli che mai lo contestò, a dispetto di certa narrazione
popolare, ha raggiunto, il 2 agosto 2021, la memoria del tenore Enrico Caruso. A cent’anni esatti dalla
sua morte, è andato in scena il recital “Caruso
vive” di Luciano Giannini. Gran cerimoniere Geppy Gleijeses, attore e regista,
che nel partenopeo Trianon, diretto brillantemente dalla vulcanica Marisa Laurito,
ha raccolto il fil rouge della memoria, conducendo gli spettatori alla riscoperta
del mito, sui testi di Canessa e Gargano. In sala anche il presidente della Regione
De Luca.
Un
tributo all’artista, che Glejieses era
stato educato ad ascoltare e ad apprezzare nei pomeriggi a casa del nonno
Giuseppe, appassionato della grande lirica, e che tutti amavano, anche i più
semplici, come l’ anziano cameriere "Sindaco", del ristorante degli artisti "Ciro" a S. Brigida, che ne ripuliva periodicamente la tomba e
ne faceva ascoltare le melodie a chi visitava il cimitero. “Perché – diceva lui
– Caruso è d’’o nuosto (è nostro)!”.
"Alle
splendide luci della ribalta, all’incredibile estensione e alla profondità del
timbro , si contrapponevano le ombre pesanti e tristi delle sue inquietudini personali
e familiari, fino al drammatico, progressivo spegnersi, probabilmente per un
tumore ai polmoni, che non gli impedì però di cantare fino all’ultimo, tra gli
spasimi. Generosissimo con i colleghi e con chi gli chiedeva aiuti economici, pretese
ingaggi esorbitanti, ma seppe spendersi anche per gli emigranti, e mai dimenticò le sue umili origini, i
sacrifici fatti per studiare, da geniale autodidatta quale fu.
Grande amatore, appassionato dalle donne, tradì e fu tradito, ebbe due figli dalla infida compagna Ada ed una bimba dalla devota moglie americana Dorothy, “bambolina” dell’alta società di San Francisco, di cui volle “adornarsi” negli ultimi anni.
A
definirne nei particolari lo spessore e la grandezza artistica è stato invitato
sul palco del Trianon il critico musicale del “Corriere” , Enrico Girardi, che
ha ripercorso con Gleijeses l’iter del mito della lirica, fra i primi a
consentire che la sua voce approdasse su supporto discografico. Quelle melodie
d’epoca, incise allora, senza l’ausilio delle strumentazioni odierne, rimasterizzate
e restaurate dai Laboratori Abbey Rocchi, hanno restituito agli spettatori in sala la dimensione del genio di Caruso, confermandone
il grande talento, per nulla offuscato dalla primitività dei mezzi.
Infine,
al tenore Gianluca Terranova, voce potente e suggestiva, accompagnato al piano
dal M° Sergio La Stella, il compito di
aprire e chiudere la serata, con le interpretazioni più significative della
carriera di Caruso, emozionando la platea.