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28/01/23

NAPOLI - Nasce la "Re.Ga.D" per la tutela delle persone con disabilità. Parla la promotrice e consulente Antonella Sapio


L'INTERVISTA 
- Disabilità non vuol dire malattia. Considerazione imprescindibile, questa, per ripensare in maniera più ampia e concreta ad una condizione di vita (e non ad una condizione patologica), affinché le persone con disabilità possano avere una qualità di vita soddisfacente. Di qui l’importanza di un’attività di  “advocacy”, ovvero di difesa concreta dei diritti delle persone con disabilità, a partire da una piena inclusione sociale. Referenti, nel senso di garanti di tali diritti, ve ne sono in tutta Italia e, quindi, anche in Campania e nella provincia di Napoli;  tuttavia, si è fatto poco finora, al di là di iniziative isolate e sporadiche.

Serve, dunque,  un intervento risoluto e risolutivo per attivare adeguate politiche per la disabilità e, in particolare, serve un associazionismo territoriale valido e incisivo.

Sul tema, ascoltiamo la dottoressa Antonella Sapio, familiare di persona con disabilità, neuropsichiatra di lunga carriera professionale, docente formatrice; la dottoressa si è fatta promotrice di una “Rete napoletana dei Garanti delle persone con disabilità” (Re.Ga.D), fornendo la propria consulenza al gruppo composto dal dottor Stefano Buonincontro (Ercolano),  dall’avv. Alfonso D’Aniello (Sant’Antonio Abate), dal prof. Angelo Di Prisco (Pompei), dal dottor Luigi Mangone (San Giorgio a Cremano), dal prof. Aldo Rivieccio (Torre del Greco). 

- Quali sono gli scopi di questa Rete?

“La Rete si prefigge obiettivi di “policy making” (elaborazione di orientamenti politici) e di ridefinizione della governance in tema di disabilità; inoltre, avvierà la formazione di attivisti civici territoriali al fine di “mettere in rete” l’associazionismo tematico (familiare e non) e di avviare percorsi di “advocacy” (complesso di azioni a sostegno di una causa) per la realizzazione di adeguate politiche territoriali per la disabilità. E’ stata messa in piedi in poco tempo, sollecitando i referenti ad unirsi per attivare appunto iniziative di tutela di persone con disabilità, spesso ad esclusivo carico familiare e prive di qualsiasi forma di protezione sociale (inserimento sociale, abitativo, lavorativo ecc.).”

- Qual è lo stato dell’arte, attualmente, in merito all’assistenza ai disabili in provincia di Napoli?

“In realtà vi sono presenze, per così dire,  “spot”, cioè “a macchia di leopardo ”, ovvero  iniziative territoriali lacunari , in assenza di una adeguata programmazione istituzionale; inoltre, l’ associazionismo è purtroppo spesso frammentato e debole. La Rete avvierà innanzitutto attività a carattere culturale e formativo, in particolare nell’area vesuviana,  con l’obiettivo sia di sensibilizzare comunità cittadine e istituzioni che, nel contempo,  attivare la partecipazione delle persone con disabilità e dei loro familiari, secondo criteri di welfare civile.”

- Avete individuato dei punti cardine su cui articolare l’azione della Rete?

“Bisogna puntare in particolare su tre obiettivi. In primis, va sottolineata  la “desanitarizzazione” della  disabilità, troppo spesso considerata esclusivamente come patologia, e non come condizione di vita. Bisogna passare da un modello di lettura biomedico ad un approccio psicosociale. L’obiettivo è investire sul “welfare di comunità”. Il secondo passaggio, poi,  riguarda il superamento dei modelli assistenziali tradizionali e la sperimentazione di forme aggiornate di inclusione sociale  affinché   la persona con disabilità possa partecipare pienamente  alla vita della propria comunità, senza preclusioni.  Il terzo obiettivo, infine, riguarda l’attivazione di  percorsi di autonomia, soprattutto attraverso  nuove forme di inserimento sociale, lavorativo e abitativo. In particolare, le persone con disabilità hanno diritto ad una vita indipendente, attraverso forme  abitative (gruppi appartamento ecc.)  che consentano l’autonomia dalla famiglia di origine, senza però finire tristemente, come spesso accade,  in una delle tante strutture reclusive, tuttora purtroppo ancora numerose in provincia di Napoli. Su questo argomento è molto importante l’impegno dei familiari. Insomma, il vero problema è che, oltre alla latitanza istituzionale, l’associazionismo territoriale è di fatto debole e frammentato. Personalmente ritengo che è tempo che le famiglie delle persone con disabilità riprendano nelle proprie mani il destino dei propri figli, senza più fornire “deleghe in bianco” alle istituzioni. E’ proprio su questo punto che deve fondarsi l’impegno della Rete Garanti.”

- Su quali temi si articolerà la vostra proposta culturale-formativa?

“Il ciclo di  incontri sarà incentrato sulle pratiche di inclusione sociale, a partire dalla accessibilità dei luoghi: il Piano di Eliminazione delle Barriere Architettoniche, cosiddetto P.E.B.A., è, infatti, del tutto inapplicato. Si inizierà  dall’età evolutiva: partecipazione non solo alla vita scolastica  ma ad attività ricreative, artistiche, aggregative . Nel periodo dell’adolescenza è fondamentale la formazione ad esperienze di autonomia e, in particolare, al lavoro con l’ attivazione di tirocini formativi. Purtroppo, c’è ancora tanto da fare. Dopo l’obbligo scolastico, infatti, per i giovani portatori di disabilità spesso c’è il “nulla più cupo”; oltre ai cosiddetti  “centri diurni” ( spesso ormai luoghi di sterile “parcheggio”), i territori non offrono alcuna altra opportunità. La famiglia resta, dunque, l’unico vero “microsistema” di welfare e, benché non riconosciuto nella sua enorme portata, continua tutt’oggi a sostituire il palese vuoto istituzionale. Ma è proprio l’autonomia dalla famiglia di origine, come per qualsiasi persona adulta , a segnare un significativo passaggio di crescita che , purtroppo , alla persona con disabilità è spesso negato. 

Gli incontri culturali inizieranno tra qualche mese e saranno distribuiti tra alcuni comuni dell’area vesuviana (cioè quelli di appartenenza dei Garanti afferenti alla Rete); sono previste attività seminariali al mattino e gruppi di lavoro (condotti da me) nel  pomeriggio; sarà particolarmente gradita la partecipazione delle persone con disabilità e dei familiari, affinché possano acquisire conoscenze e strumenti  per  realizzare obiettivi  ormai inderogabili.”

- Quale accoglienza immagina che ci possa essere per questa iniziativa?

“Mi aspetto che l’iniziativa sia vista con interesse, perché avremo un approccio nuovo a vecchi problemi . Ciò che conta è che non siano più le istituzioni ad agire ma che ognuno , in  prima persona , si renda consapevole di poter diventare un importante motore di cambiamento sociale. Bisogna mettersi in gioco in prima persona, senza dare o accettare deleghe. Qualsiasi persona può farlo, con o senza disabilità. È da qui che bisogna partire. Sono certa che questo territorio sia ricco di risorse umane spendibili per un impegno in tal senso. Ho deciso alcuni mesi fa di rientrare a Napoli, dopo  tanti anni. Ho incontrato entusiasmo, vitalità, generosità e gratuità, virtù non così frequenti, al primo impatto, in altre città italiane. C’è una grande ricchezza sommersa  in questo territorio. Vogliamo e dobbiamo farla emergere. Questa bella e preziosa energia  deve entrare in circolo nella vita della comunità. E, per quanto mi riguarda, saranno proprio le  persone con disabilità ad essere il faro a cui guardare per tracciare nuove rotte alla evoluzione sociale collettiva”