di Maria Ricca
LIBRI - Una vita che sembra un romanzo di Sepulveda. E invece è verità. Parliamo dell’esistenza di Manuel Antonio Bragonzi, milanese d’adozione, cileno di nascita, fondatore dell’ l’Associazione nazionale figli adottati (Anfa), ospite a Benevento alla Parrocchia del Sacro Cuore in un incontro promosso da “La Casa di Giuseppe”. E qui il pubblico ha ripercorso, insieme all’Autore e alla giornalista Lella Preziosi, i passi più significativi della vicenda difficile e straordinaria di un bimbo, divenuto uomo, che dai 5 agli 8 anni ha vissuto in un bosco cileno, fuggito dalle terribili violenze familiari , prima di essere ripreso dai carabinieri di Pinochet, che lo hanno portato in orfanatrofio. Qui l’incontro felice con i genitori adottivi, che lo hanno portato a Milano, dove ha potuto sperimentare una realtà completamente diversa. Finché la memoria e la voglia di raccontarsi hanno riportato alla luce quell’esperienza sconvolgente, che ha scelto di condividere per aiutare chi, adottato a sua volta, deve spesso fare i conti con un passato non sempre sereno e di frequente anche con il dolore.
Se il primo libro di Bragonzi aveva come titolo “Il bambino invisibile” e raccontava la prima parte della sua esistenza, il secondo si intitola “Per sempre” e parte appunto dall’incontro di Manuel con i suoi genitori.
-Un titolo significativo…
“Certo, perché “Per sempre” indica la
ricerca da parte di un bambino di un legame che duri davvero, che non finisca,
che non sia labile come tutti i rapporti fino ad allora vissuti.”
-Qual è stata l’esperienza più forte che ha vissuto, al suo arrivo a Milano?
“Innanzitutto l’avvertire la
differenza abissale tra me e gli altri bimbi nella percezione della realtà.
Mentre loro, infatti, mi sembravano vivere in una dimensione edulcorata, quasi
sulle nuvole, riservando attenzione e preoccupazione a cose che a me sembravano
sostanzialmente futili, io, invece, ero
abituato ad affrontare la realtà concreta ed a viverla. Per quanto riguarda gli
adulti che incontravo, invece, mi sembrava quasi che avessero smarrito
completamente la voglia di ricercare il bello, concentrati com’erano nell’aspetto
intellettuale della vita.”
-Quanto è stato difficile adattarsi,
giunto a Milano, alle “regole” da
seguire, dopo aver vissuto in una dimensione così completamente diversa?
“Diciamo che, almeno inizialmente le
ho amate, perché rappresentavano per me la gioia di essere guardato finalmente
come “figlio”, come oggetto di attenzioni e dunque da “educare”. Sì, mi piaceva
essere educato, lo vedevo come un segno di cura e di dedizione da parte
dell’adulto. Sensazione che non avevo mai sperimentato fino ad allora.”
- C’è stato quindi un accordo perfetto
con i suoi genitori e la sua nuova vita?
“Accordo con i miei genitori? Non sono
stato diverso dagli altri, in questo senso. I miei cari sono naturalmente figli della
società nella quale sono inseriti e, fin quando sono rimasto in quest’ottica,
naturalmente, non vi sono mai stati contrasti. Poi, certamente, come accade a
tutti noi, recuperando il mio istinto e lo sguardo diverso con cui mi rapporto
alle cose, abbiamo cominciato a vedere il mondo con occhi diversi, ma è
naturale. Sono, dunque, tornato ad essere quello di prima, in qualche modo, con
quello sguardo disincantato ed oggettivo sulla realtà, che mi contraddistingue,
ma penetrandone ogni caratteristica.”
-Che studi ha scelto di fare, quindi, da
grande?
“Studi artistici, diplomandomi all’Accademia
delle Belle Arti. E cerco adesso, nel mio lavoro, di non applicare uno sguardo
semplicemente estetico alla realtà, ma di approfondirne, appunto, gli aspetti più umani.”
-E ai suoi figli cosa ha insegnato,
alla luce delle esperienze vissute?
“Sicuramente il rispetto per se
stessi, a guardare verso l’alto, alla realizzazione delle proprie aspirazioni.
A loro ho raccontato la realtà nuda e cruda del mio percorso. Amano ascoltarmi, sono affascinati dall’idea che il loro padre abbia vissuto
esperienze così estreme e drammatiche. Ho insegnato loro a prendere la vita
come viene, ad accettare quello che arriva, ad essere pronti a tutto, perché la
vita può avere dei risvolti davvero inaspettati.”