di Maria Ricca
Interno giorno. Un uomo non più giovanissimo, in carrozzella, inizia la propria giornata, preparando la colazione per la propria compagna, destreggiandosi fra i fornelli, innaffiando piantine, ritirando la posta. Le quotidiane difficoltà di chi vive la propria condizione di disagio e riesce comunque a ricreare una sorta di normale routine. Ma potrebbe farne a meno. Se sceglie di provare questa condizione è solo per tentare di comprendere il disagio quotidiano della sua compagna, lei sì diversamente abile. È la più grande “Prova d’amore”, titolo del cortometraggio realizzato e diretto da Denis Nazzari, che arriva dritto al cuore, per la qualità delle scelte che il regista compie, dell'interpretazione dell'attore protagonista Alessandro Haber, per l’ambientazione casalinga che immediatamente restituisce l’idea della quotidianità e dunque della verità di quanto accade, favorendo l’immedesimazione dello spettatore. Gesti normali, abituali, come quelli di preparare la colazione per la propria donna, interpretata da Cristina Moglia, mentre Nadia Bengala è una vicina di casa, si riempiono di significato e di tristezza, nel comportamento dell’uomo che per una volta, davvero, prova a mettersi nei panni della persona amata, a vivere il suo vissuto, a condividere sofferenze, ma anche speranze. Quelle che sono racchiuse nel sorriso conclusivo, in cui si stemperano le lacrime della dolorosa consapevolezza che non c’è nulla da fare, eppure che forse qualcosa da fare c’è sempre, come leggere il giornale insieme, commentare le notizie, in una parola "vivere". Le musiche di Nicola Piovani sottolineano ed impreziosiscono l'opera, già pluripremiata in prestigiosi festival. La supervisione dello script è di James La Motta, regista ed autore.
- Denis Nazzari, bisogna avere grande sensibilità per scrivere un’opera del genere, aver vissuto in prima persona o aver visto vivere una situazione così…Da dove deriva l’idea? Qual è stato il percorso compiuto, partendo dai suoi lavori precedenti fino ad arrivare a questo?
"L'idea del soggetto è di Fabio Mureddu, uno sceneggiatore e regista teatrale. La storia ha conquistato sia me che la line-producer Alba Valentina Fontana e insieme abbiamo deciso che dovevamo per forza raccontarla. Ci ha colpito per la sua semplicità, per scriverla basterebbero poche righe, eppure porta con sé una varietà e complessità di emozioni che ad ogni visione tutt'oggi mi sorprendo a cogliere. Il suo punto forte è l'efficacia con cui fa breccia, te lo dice forte e chiaro: non esistono barriere o differenze troppo grandi da impedire a chi vuole empatizzare con l'altro di farlo. Così è stato per me: non ho nessun contatto diretto con persone con disabilità, né tra amici e né tra parenti, ma questo non mi ha impedito di comprendere e raccontare l'amore attraverso questa condizione. Ho girato diversi documentari e cortometraggi auto-prodotti, ma con "Prova d'amore" sono tornato all'essenza del cinema: la scelta del non-dialogo per lasciar parlare il silenzioso e universale linguaggio dell'amore e l' uso, come volano di questo messaggio, di pochi, ma validi ingredienti: gli attori di grande maestria, le immagini sublimate dalla magistrale fotografia di Nino Celeste e le musiche immense del premio Oscar Nicola Piovani. A Vito D'Aloisio, produttore esecutivo, va il mio grazie per aver creduto fin dall'inizio in questo progetto quando ancora era solo una bella storia da raccontare."
-C’è solo un tipo di “Prova d’amore”? L’immedesimazione?
"L'empatia è sicuramente un aspetto importante dell'amore poiché implica la capacità profonda di comprendere l'altro, di condividere emozioni. Tuttavia le prove d'amore possono assumere svariate forme, come il rispetto, la fiducia, il sostegno reciproco. Quindi sebbene l'immedesimazione sia una prova d'amore potente, non è certo l'unica. L'amore è un mosaico di emozioni e atti che si intrecciano in modi unici per ogni coppia, ma ciascuna tessera ha il suo peso specifico e un'importanza fondamentale nel quadro generale."
-Perché la scelta del protagonista si è soffermata su Alessandro Haber, attore istintivo ed espressivo? Lui ha accettato subito? Ha partecipato alle scelte di storyline e di regia?
"Volendo rompere con l'assenza di dialoghi ogni barriera linguistica, "Prova d'amore" necessitava di un attore altamente espressivo con maestria del mestiere, una presenza scenica notevole e che potesse tenere incollato allo schermo lo spettatore senza grandi azioni, se non quelle della quotidianità. Alessandro Haber ha accettato subito di buon grado questo cortometraggio e ne ha contribuito alla sceneggiatura lavorando sul suo personaggio e sulle scene. La magia interpretativa con la sua partner di recitazione, la bravissima attrice Cristina Moglia, ha dato il "la" ad un finale che, quando sul set abbiamo visto nascere quasi spontaneo, ha commosso e toccato il cuore di tutti, perfino delle maestranze."
-Supervisione dello script è stata quella dell'autore e regista James La Motta. Può dirci di più di questa collaborazione?
"A James La Motta mi lega un'amicizia e una collaborazione di 15 anni. James conosceva questo progetto da quando è nato, sono state tante le telefonate in fase di pre-produzione fatte con lui, ha seguito ogni passo di questo cortometraggio e mi ha aiutato a fissare dei punti importanti sulla sceneggiatura."
-Le musiche di Nicola Piovani sono l’ “inconscio del film” , come ha rivelato lo stesso autore. Può spiegare questa espressione?
"Sarebbe più esatto e interessante conoscere la risposta del Maestro premio Oscar Nicola Piovani e quindi girare a lui la domanda. Personalmente e basandomi su ciò che concerne "Prova d'Amore", penso che la musica fatta di note e silenzi di Piovani non faccia altro che sottolineare ed esaltare le emozioni e gli stati d'animo che vivono i nostri protagonisti. Se i dialoghi raccontano in modo diretto, la musica indirettamente evoca sentimenti, suggerisce tensione e influenza la percezione dello spettatore. In questo senso lavora a un livello più profondo, toccando l'inconscio e amplificando l'esperienza cinematografica."
-Molti sono stati i riconoscimenti che “Prova d’amore” ha ottenuto nei vari Festival a cui ha partecipato ed è stato apprezzato dalle giurie. E il pubblico, invece? Come ha reagito? Un episodio da raccontare, in merito?
"Prova d'Amore" ad oggi ha collezionato in pochi mesi più di 75 premi nazionali e internazionali, alcuni dei quali sono stati proprio “Premio del pubblico” ed è stato proiettato più di 100 volte, ricevendo sempre un caloroso riscontro di sala. Sono tante le volte che ho avuto la fortuna di vedere occhi lucidi brillare tra le poltrone e tante anche le volte che gli spettatori sono venuti a congratularsi personalmente con me e chiedendomi di riportare i loro personali complimenti ad Alessandro Haber e Cristina Moglia o a Nicola Piovani. Sono grato a tutti per anche solo per averne preso visione. Mi scalda il cuore essere arrivato anche fuori dalle sale, raggiungendo un pubblico che difficilmente avrei raggiunto: gli studenti delle scuole, e, grazie all' Artelesia Film Festival, i detenuti della Casa Circondariale di Benevento,i quali, nonostante la grandissima selezione di short-film presenti alla manifestazione, hanno scelto e premiato "Prova d'amore". Ognuno di noi ha una sensibilità, ognuno di noi ha un approccio diverso, ma forse l'assenza di dialoghi porta ogni spettatore ad avere una personale visione delle emozioni vissute dagli attori e dal motivo che li ha spinti a una determinata azione, mi piace molto questa libera visione che ha lo spettatore e penso lo coinvolga ancor di più."
-Quale sarà la sua prossima opera registica? Dove va la sua ricerca artistica? Pensa ad un impegno nel sociale, attraverso i suoi lavori?
"La mia prossima opera registica, penso, mi auguro ed è proprio in questa direzione che mi sto muovendo, è un mio esordio al lungometraggio. La mia ricerca artistica non ha una vera e propria direzione, quello che voglio è, senza nessun tipo di presunzione e giudizio verso gli altri registi, limitarmi unicamente a raccontare storie. Non penso io debba avere impegni sociali, diventare a tutti i costi portavoce di battaglie, penso da sempre che raccontando storie il regista inevitabilmente parli di sociale e collettivo sia in modo diretto che indiretto. Il nostro lavoro di cineasti è quello di raccontare una storia, senza necessariamente affrontare problemi sociali e rimanendo liberi da trend o influenze di ogni genere. Mettiamo in scena le storie che ci va di raccontare, che sentiamo tocchino le nostre corde, con passione e senza dare etichette che limitino l'arte. Il pubblico e i festival sanno leggere la genuinità delle nostre intenzioni. Racconterò storie...ecco quello che farò."