di Maria Ricca
LIBRI - "La strada di casa" e le emozioni. Tantissime, tangibili, straordinarie quelle emerse nella serata speciale di riflessione e di condivisione, nel senso più puro della parola, dedicata al nuovo volume portato alle stampe, edizioni Fuori Rotta - Inchiesta, dalla giornalista ed autrice televisiva Melania Petriello. Sommersa da testimonianze di stima ed affetto sinceri alla Ubik di Benevento, l'autrice ha scelto di iniziare il lungo tour che la porterà in giro per l'Italia a proporre la propria fatica letteraria, nella propria città di origine, circondata dagli amici di sempre, la "famiglia" che si sceglie, giorno dopo giorno, condividendo gioie e difficoltà.
Per lei, nella libreria beneventana, un bagno di folla e di affetto. E c'erano, infatti, proprio tutti, ma tutti davvero, vecchi giornalisti e nuove leve, appassionati di letteratura e frequentatori abituali degli eventi culturali ad accogliere la persona amica e l'intervistatrice di razza, giorno dopo giorno sempre più apprezzata nel mondo della stampa radiotelevisiva.
Con il consueto piglio e la disinvoltura che le appartengono, cuore in mano e commozione palpabile, Melania Petriello ha ricordato il desiderio che l'ha sempre mossa, sin dalla prima gioventù, di conoscere, indagare, raccontare storie, con la schiettezza e la semplicità di chi si considera "una femminista in cammino", proveniente da un retroterra familiare semplice ed onesto, di lavoratori, emigrati, antifascisti. E poi ha ripercorso i momenti che l'hanno condotta a scrivere "La strada di casa", storie di madri costrette dalla vita a lasciare ad altri le proprie creature, sempre alle prese con il senso di incompiutezza, e di figli che, pur grati alle famiglie adottive, instancabilmente le cercano, per ricostruire se stessi e la propria identità. Perché "c'è il diritto a lasciare, ma anche il diritto a cercare - ha sottolineato la scrittrice - perché noi abbiamo un patrimonio di cellule fisiche che però è anche
patrimonio culturale e morale. E dunque chi cerca le proprie radici lo fa, avvertendo distintamente di avere "un buco nel genoma".
Attraverso le sue parole e quelle di Isabella Pedicini, scrittrice, Claudia Benassi, giornalista e Antonio Di Fede, giurista, che hanno introdotto e commentato il lavoro dell'Autrice, si è delineata in parole e forma l'impresa realizzata dalla Petriello, che ha saputo raccontare, con grazia e senza sbavature retoriche, le piccole, grandi vicende di chi ha voluto confidarle i tratti significativi di quelle, riuscendo a dare a loro centralità, intervistando le persone con la "generosità e la delicatezza - ha detto la Benassi - di chi sa ascoltare senza giudicare" e dando significato, ha confermato la Pedicini, alla domanda che al Sud forse ha più senso che altrove: "A chi appartieni?". E pensare che la scrittura del libro non è stata esente da incidenti di percorso, come il furto del cellulare della scrittrice e la conseguente perdita del materiale registrato, che però, divenuto escamotage narrativo, le hanno consentito una ricostruzione quasi psicoanalitica, a memoria e dunque con la forza del sentimento, delle vicende da lei narrate.
Infine, al giurista Di Fede è toccato il compito di ricordare la legge che in Italia consente di lasciare in ospedale, senza riconoscerlo, il proprio figlio e di rivendicare il diritto all'oblio per cento anni dall'evento, dunque per una vita intera, con tutti gli annessi e connessi legislativi che la materia richiede. "È un tema, questo - ha detto - che dà la possibilità di interrogarci, e magari di offrire nuove istanze in merito al nostro Parlamento."
Infine, la lettura emozionante da parte della Benassi, di una delle vicende, narrate con l'unico metodo valido per un giornalista: ricercare la verità. E cercare di trarne insegnamento e speranza.