di
Maria RiccaTEATRO - Un
profondo omaggio all' universo femminile ispirato alle vite di Juana Manso, Juana
la pazza, Jean D'Arc, Juana Azurduy La Papisa Juana, Giovanna Marturano, Juana
de Ibarboreau e Sor Juana Inés de la Cruz. E' "Le Giovanne, un'eresia cosmica", che la compagnia argentina Toia&Callaci, di Rosario, porterà in scena domenica 27 ottobre, alle 19, al FaziOpen Theatre di Capua, rassegna diretta dal regista ed autore Antonio Iavazzo.
Una sequenza di storie e di quadri scenici dall’atmosfera surreale si dipanerà sotto lo sguardo attento degli spettatori. Una successione di donne, ognuna di una diversa nazionalità, ma tutte rispondenti al nome "Giovanna", tutte vittime di violenze, offese e umiliazioni, proporranno il proprio ed unico modello di donna, quello che vuole conquistare la libertà, che vuole far sentire il suo grido di ribellione. L'attrice Agustina Toia, fra croci che
sono spade, padelle che diventano scudi, giocherà con
le apparenze e con il suo corpo mutevole, utilizzando ogni muscolo ed ogni oggetto per raccontare una sempre uguale storia
di sofferenza.
La pièce di Agustina Toia e Severo Callaci, attori e registi, si inserisce nel percorso della loro ricerca culturale, che attraversa il teatro fisico, poetico, politico e popolare. Hanno partecipato a numerosi Festival Internazionali, ricevuto premi, tenuto workshop e realizzato tournées e lavori scenici, in più di 15 paesi.
Agustina Toia, come nasce lo
spettacolo “Le Giovanne” ?Che tipo di ricerca storica c'è alla base di
questi spettacolo? Come è stato “costruito” ?
"Questo
lavoro nasce da un profondo desiderio di lavorare con l'universo femminile. Le
loro vite come punto di partenza verso il mio mondo più intimo, ma per parlare
di tutte noi. Tornavo
in Argentina, dopo aver vissuto sette anni in Europa. Il fatto che Le
Giovanne portino lo stesso nome e curiosamente siano state vittime
delle stesse accuse e precorritrici delle stesse idee su entrambe le sponde
dell’ oceano, è stato anche uno spunto per me. Era una
opportunità di riconciliazione tra le mie due patrie, dato che ci sono 4
Giovanne latinoamericane e 4 Giovanne europee. Un nome comune per cancellare i
confini e cercare l'unità. Tutte unite dallo stesso destino: l' eresia. Le
Giovanne è uno spettacolo unipersonale, che scrivo dal 2015. In tutti questi
anni ho fatto molte ricerche, leggendo le loro poesie, i loro trattati, le loro
biografie, andando fisicamente nei luoghi dove sono state rinchiuse, bruciate, nei musei che ne conservano i misteri e le reliquie, nelle piazze dove si
sono manifestate, nei territori che hanno difeso, nelle loro case. Siamo andati
fino al Vaticano, cercando la storia della Papessa Giovanna, alla piazza di
Rouen in Francia per vedere il luogo dove hanno bruciato Giovanna D'Arco. Una volta eravamo in tournée in Messico e abbiamo potuto conoscere il chiostro
di Suor Juana Inés de la Cruz, dove lei ha vissuto una vita rinchiusa a scivere.
Una delle prime filosofe e scrittrici donne.
Dopo, in
pandemia, con Severo Callaci, il mio compagno e regista dello spettacolo, abbiamo
cominciato a lavorare con queste 300 pagine di testi che avevo. E abbiamo cominciato
a "mettere loro il corpo". A giocare. A creare ogni corpo, ogni voce, l'universo di
ogni Giovanna, i luoghi: la piazza, la cella, la casa, il campo di battaglia,
etc. Perché ogni Giovanna é in un momento diverso della sua vita, c'é chi parla
dalla giovinezza, altre dalla vecchiaia, e addirittura una riemerge dalla tomba per
venire a cambiare la sua storia. Questo spettacolo é un lavoro artigianale, é
curato nei dettagli.
Tutto é
in continuo movimento sempre: il corpo, la scena, il costume, gli oggetti. É un quadro vivo. L’intero spettacolo propone la “trasformazione permanente”."
• Qual è la
sua formazione come attrice, il percorso che ha compiuto per arrivare fin
qui?
"Ho cominciato la mia
carriera come attrice, frequentando l' Accademia di Teatro in Argentina, a Rosario,
dopo un periodo di formazione a Buenos Aires con diversi maestri e durante 7
anni in Europa.
Alla Sapienza di Roma,
al Centro Internazionale di Biomeccanica teatrale di Perugia, insieme, all'ARTA Cartoucherie de Parigi, nel centro di Pina Bauch a
Wuppertal, ho incontrato in diverse occasioni al ODIN Theater Julia Varley,
Eugenio Barba, Else Marie Lawvik, Tag Larsen. Ho avuto la fortuna di studiare e
lavorare con diversi maestri delle avanguardie teatrali del XX
secolo, Cathy Marchand del Living Theater, Gennadi
Bogdanov, Claudio Remondi, Riccardo Capporosi, Marco Solari, César Brie,
Thomas Richards, Nayoung Kim.
Questo periodo di
formazione in Europa, soprattutto in Italia, mi ha permesso di conoscere diversi
linguaggi teatrali per arricchire il mio corpo e la mia anima. Questo mi ha
aiutato a trovare la ma strada come artista, non solo come attrice, ma
anche come regista, dramaturga, produttrice di teatro e di cinema. Un
linguaggio proprio. Facciamo un teatro “físico – poetico – político –
popolare”. Il corpo come protagonista, si mette in gioco per costruire la
realtà.
E poi, durante tutta questa esperienza, le lingue che ho imparato, che oggi "riverso" nella mia
arte e che mi permettono di operare traduzioni e lavorare in tutto il
mondo.
• Lo
spettacolo “Le Giovanne” può essere un modo per affrontare la questione
femminile oggi? Quanto siamo ancora lontani dalla parità di genere?
"Lo spettacolo é un
profondo omaggio all' universo della donna. Come punto di partenza ci sono le loro vite,
ma lo scopo è parlare di tutte noi. Infatti quello che succede dopo lo spettacolo é
molto forte e profondo. C'é tanta emozione e ringraziamento. É un vero rituale
teatrale, in cui il pubblico si riconosce. “Tutte siamo Giovanna” mi ha
detto una volta una ragazza. Ed é vero. Dentro di noi, anche se oggi siamo
delle donne libere, c´è tanta storia, tanta memoria. Perciò parlo di "eresia cosmica",
perché appunto queste storie viaggiano nel nostro sangue da milioni d’anni e
in tutte le culture del mondo. E' un urlo molto grande. Ma penso che oggi la
vera lotta sia per l' "umano", che siamo donne o uomini, abbiamo urgentemente
bisogno di recuperare l’ "umano". Stiamo perdendo la materia, lo sguardo vero, il
cuore, il tempo. “Basta con questo apparecchio” strilla la Giovanna
Marturano in mezzo alla piazza, un 25 aprile. Ogni Giovanna offre un messaggio
di ribellione, d’amore, di libertà. C'è anche la “Giovanna ignota”, che unisce tutte le altre, dove lo spettacolo "riposa" e diventa poesía. Anche se la
condizione della donna é cambiata molto rispetto all' 800, al 1400, al 1800, per
fortuna, ci sono sempre cose da migliorare. Oggi possiamo, noi
donne, scegliere di non fare i figli,ad esempio, o scegliere di essere poetesse, senza doverci rinchiuderci in un chiostro. Ma ancora esistono altre culture
molto lontane da noi, in cui c’é ancora tanto da fare."
• Lei che ha
lavorato su molti palcoscenici, che differenze riscontra fra il modo di
rapportarsi alla figura femminile in Italia, nel suo Paese di origine e poi
nelle altre nazioni che ha toccato?
"Questo spettacolo in
particolare, tocca una fibra universale, perciò diciamo che é un teatro
popolare perché parla a tutti, in qualsiasi nazione, a qualsiasi età. In tutti
i Paesi in cui siamo stati genera le stesse cose: emozione, gratitudine,
applausi senza fine. Penso che comunque
qui in Italia, la risposta sia ancora più forte, poiché molto forte è ancora la presenza della Chiesa, e di un'apologia molto grande della famiglia organizzata intorno alla donna in
casa, ovvero una donna che viene valorizzata nei luoghi della bellezza,
dell'eleganza e del bel sorriso in bocca. Come società quella italiana é più conservatrice.
Allora la risposta del pubblico é ancora più forte."
• Quali
sono i suoi progetti futuri? Ha
in mente altri spettacoli di denuncia culturale dello stesso genere? Di cosa si
occuperà in futuro?
"Sempre si va creando quello che verrà. L'anima e l'occhio dell'Artista non si ferma mai. Io
porto con me sempre il quaderno. Quest'anno ho ricevuto in Argentina un premio
alla scrittura di un altro spettacolo che si intitola "Flora & Fauna", e che
appunto parla del cambiamento climatico, dell’estinzione delle specie, e di tutti gli squilibri ambientali che stiamo vivendo sul pianeta, di tutte le
guerre tra i diversi regni della natura. Un altro "urlo" grande che appartiene a questa era.
Noi viviamo l'atto
teatrale come una opportunità di esprimere quello che ci sta succedendo come
persone ma anche per elaborare quello che ci succede come umanità.
Nei miei
spettacoli c'é sempre un messaggio, un pensiero. Con la compagnia Toia&Callaci
stiamo finendo il montaggio di un lungometraggio che abbiamo girato in Argentina
quest'anno, poi a marzo presenteremo in anteprima un nuovo spettacolo, a Buenos
Aires, che abbiamo scritto insieme a Carla Fonseca e Maria Elizalde, per il quale curo la regia.